L’esperienza dell’Auditorium Don Bosco parte da una tradizione così ben consolidata, amata e sostenuta dalle persone, che oggi sembra una pratica rivoluzionaria per uscire dalla crisi della cultura. Ha le idee ben chiare Giulio Martini, uno degli storici responsabili della sala e fondatore del Cinecircolo André Bazin a cui il Don Bosco è strettamente legato.
Di Gabriele Lingiardi
Ben trovato Giulio, ci racconti in breve la storia dell’Auditorium Don Bosco?
La sua storia è intrecciata con quella del Cinecircolo André Bazin. L’Auditorium come struttura per cinema, teatro e musica venne ristrutturato negli anni ’80 dai Salesiani di Via Melchiorre Gioia, ma non era mai decollato nelle sue attività. Don Roberto Busti, ex presidente dell’ACEC, mi contattò mentre ero presidente del Centro studi Cinematografici della Lombardia e mi chiese di immaginare l’utilizzo della sala in senso strettamente cinematografico. Con il Cinecircolo, insieme ai Salesiani, sperimentammo all’inizio degli anni ’80 una sera di proiezione a settimana. Da qui siamo cresciuti, e quest’anno sono 40 anni di attività.
Da allora il cinecircolo è andato evolvendosi sia come attività che come iscritti, toccando negli anni migliori più di mille aderenti.
Che caratteristiche ha il cinecircolo?
Per differenziarci dai normali cinema a vocazione d’essai abbiamo deciso che noi avremmo garantito sempre il dibattito a fine proiezione. Questo permette di formare un rapporto personale con il pubblico che per noi è la vera anima della sala. Lì lo spettatore non si trova in una proiezione anonima, ma ha una conoscenza diretta e un confronto personale sul cinema.
Sulla base dell’esperienza che avete maturata pensate che dopo il Covid-19 il dibattito sia inattuale o possa essere una scelta chiave per ridare forza al cinema?
Per me è fondamentale! Ho sempre fatto delle battaglie per avere la presenza obbligatoria degli animatori ad ogni proiezione che devono incontrare il pubblico anche all’ingresso, devono coltivare il dibattito! A volte la discussione si prolunga oltre il tempo dei 20 minuti post proiezione, perché allora non continuare fuori con chi ha voglia di restare? Adesso con il sito e i social network la discussione può essere estesa anche su questi nuovi mezzi e portata avanti nei giorni successivi. La gente vuole superare il rapporto con lo schermo che ha a casa. Non solo vuole andare e commentare con gli amici il film che ha visto, ma c’è bisogno di confrontarsi e incontrarsi. Non crediamo nella conclusione unica per decretare se un’opera sia valida o meno, deve essere invece un momento di ascolto che permetta una circolarità comunicativa.
È importante quindi che le Sale della Comunità facciano crescere gli animatori del posto che conoscono il pubblico e che le aiutino ad essere qualcosa di più di un semplice schermo.
Dato che avete questo punto di vista privilegiato sul pubblico, lasciami chiedere che cosa dicono i vostri spettatori, come vedono questo periodo di transizione della pandemia?
È un pubblico purtroppo che fa fatica a uscire e ad andare al cinema.
Ma per paura o perdita di abitudine?
È paura causata dal Covid ma, insisto, se non si è mantenuto saldamente nel tempo il rapporto con il pubblico e l’abitudine ad analizzare insieme un film si perde anche la voglia di guardarlo in sala.
Noi facciamo anche una votazione da parte degli iscritti del film che hanno visto. A fine anno pubblichiamo sia i loro giudizi che quelli degli animatori. Proiettando 6 volte a settimana uno può venire quando vuole e ogni volta troverà il dibattito con la possibilità di prendere parola.
Il cinecircolo si ispira ad André Bazin grande critico e uno dei teorici principali della Nouvelle Vague. Si è ancora conservato questo spirito?
Credo proprio di sì, abbiamo ancora quello spirito “piratesco” e innovativo. Anche perché abbiamo affiancato altre attività come i Capolavori alla moviola. Una visione molto particolare: mentre il film viene proiettato viene commentato scena per scena, come una partita di calcio, da un esperto.
Poi forniamo tutti gli anni un libretto con le critiche e facciamo anche gite cine-turistiche. Viaggi in Italia e anche all’estero. Qualche meta? Birmania, Portogallo, Russia, Scandinavia. Quest’anno andremo in Friuli. Sono gite in cui sul pullman e in albergo vediamo film girati in quei luoghi. Li chiamiamo “i magnifici set”.
Ci piace molto scoprire come il cinema ha raccontato quei posti e soprattutto il film è un modo anche per riconnettersi con la cultura locale. L’effetto è molto forte, veramente emozionante.
Come vedi il futuro del cinema?
La vedo problematico. Il cinema in quanto cinema continuerà ad essere realizzato, anche se ci sarà sempre più spazio alle serie. Se non si farà un ambiente caldo finirà però a vivere come il teatro che non è più frequentato come una volta. Sarà una esperienza che costerà sempre di più, per le spese di modernizzazione necessarie. Diventerà un fenomeno di nicchia, però il circuito cattolico ha però delle grosse possibilità per trasformarla non in un luogo di consumo, ma in un posto dove ci si guarda in faccia, ci si conosce e si parte dal cinema per avere altro.
Per maggiori informazioni: www.cinebazin.it