Toni Servillo, Ficarra e Picone di nuovo insieme dopo La Stranezza: è ora in sala la nuova commedia risorgimentale diretta da Roberto Andò.

Di Gianluca Bernardini

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Prendendo spunto da un racconto di Leonardo Sciascia “Il silenzio”, rimasto inedito per parecchio tempo, Roberto Andò torna alla regia e ci restituisce con “L’abbaglio”, dopo il successo de “La stranezza” (2022), un’altra pagina della storia del nostro Risorgimento.

Nel 1860 Garibaldi (Tommaso Ragno) si presta ad intraprendere la spedizione dei Mille, per liberare la Sicilia dal dominio dei Borboni. A capo dell’operazione di uno sparuto esercito di raccogliticci per distrarre il battaglione borbonico dalla presa di Palermo, il generale mette il colonello Orsini (Toni Servillo), valoroso militare che con impavido orgoglio desidera riprendersi la terra natia. Tra gli improbabili arruolati si presentano due immigrati di origine sicula che per i “propri” interessi ne approfittano dell’occasione: Domenico Tricò e Rosario Spitale (Salvo Ficarra e Valentino Picone). Sbarcati a Marsala i due, tra varie divertenti peripezie, si dileguano diventando così disertori, mentre il battaglione di Orsini passa in rassegna i paesi trovando il sostegno dei poveri più di coloro che contano, timorosi di perdere la loro tranquillità e il loro benessere.

Giocando di fantasia, Andò racconta del passato per parlarci del presente, restituendoci, soprattutto in un finale a sorpresa, i vizi e le virtù degli italiani di sempre, come egli stesso afferma: “furbi, appassionati, generosi, opportunisti, coraggiosi, individualisti, cinici, idealisti”. La storia, dunque, non solo narra delle grandi imprese di cui non dobbiamo perdere la memoria, ma ci consegna, nel suo piccolo, insegnamenti di cui, spesso, non riusciamo (ahinoi!) a farne tesoro. Brillante, forse un po’ troppo disilluso e ambizioso, “L’abbaglio” è un po’ una parabola, da vedere piacevolmente.

Temi: storia, Garibaldi, Italia, Sicilia, guerra, vizi, virtù, umanità, furbizia, solidarietà