Una dura lotta per la sopravvivenza tra angoscia e pace, disperazione e fede. “Una casa con molte stanze”
di Gianluca BERNARDINI
«Riguardo a Dio io posso raccontare la mia storia, poi sarà lei a decidere cosa credere», così afferma il sopravvissuto signor Patel, ormai adulto (Irrfan Khan), mentre narra a Martel (autore dell’omonimo celebre romanzo), scrittore in crisi, la propria fantastica storia: ovvero la «Vita di Pi». Parte da questo interessante preambolo l’ultimo film di Ang Lee che è riuscito a mettere sullo schermo un racconto da impresa, nel vero senso della parola, titanica. Insieme allo sceneggiatore David Magee, il cineasta taiwanese attraverso un ponderoso e sapiente uso della macchina da presa, unita alle più moderne tecnologie del digitale e del 3D, porta in scena un racconto di straordinaria formazione. Pi (interpretato da preadolescente da Ayush Tandon e diciassettenne dal bravo esordiente Suraj Sharma), o meglio Piscine Molitor Patel (nome datogli dallo zio in onore della piscina parigina!), vive nell’India francese a Pondicherry insieme al fratello e ai suoi adorati genitori. Il padre possiede uno zoo e il piccolo cresce in una sorte di paradiso terrestre, affascinato dalla natura, dagli animali e da tutto ciò che lo circonda. Particolarmente attento e sensibile, cresciuto secondo una visione più libera della tradizione indiana, egli si affaccia con curiosità intellettuale a tutte e tre le religioni presenti nel Paese (induista, cristiana e musulmana), immagazzinando da ciascuna gli aspetti più diversi, poiché «la fede è una casa con molte stanze». Un giorno il padre comunica, però, ai propri cari che con la crisi sono costretti a lasciare il Paese per il Canada. Pur tristemente, Pi s’imbarca su una nave giapponese insieme alla famiglia e a diversi animali verso un futuro ignoto, senza sapere che da lì a poco si troverà solo (o quasi), a causa di una tempesta (realizzata in maniera stupefacente), a combattere in mezzo all’Oceano. Provvisto di scialuppa e poco altro, Pi dovrà affrontare il naufragio soltanto con Richard Parker, la tigre amica-nemica dello zoo paterno. Sarà una dura lotta per la sopravvivenza, fatta di scontro-incontro, angoscia-pace, disperazione-fede. Il tutto condito dalla poesia dei paesaggi, effetti lucenti e colori vivissimi per un cinema che ricerca la perfezione, nonché l’emozione all’inverosimile. Epico, forse pretenzioso, con qualche deriva sincretista, ma pur sempre un buon cinema (anche per i ragazzi), degno di Ang Lee.