Al cinema un film tutto all'intero di un taxi newyorkese, un viaggio per attraversare la Grande Mela ed entrare nell'intimità della conversazione tra due sconosciuti.

Di Gabriele Lingiardi

Notte a New York 005

Un film con due soli attori, girato con unità di tempo e di spazio. Una giovane donna sale su un taxi che la porterà dall’aeroporto JFK alla sua abitazione di Manhattan. Si trova, senza stupirsi troppo, bloccata nel traffico. A farle compagnia è Clark, un tassista chiacchierone. Le parla inizialmente dandole le spalle, diviso da un vetro protettivo che entro poco verrà scostato. La ragazza non è infatti come gli altri passeggeri, non si estranea subito al telefono aspettando di arrivare a destinazione. Sembra avere un mondo interiore che preme per uscire e l’unica persona a cui può confidare un suo segreto è proprio l’autista.

Una notte a New York vale anche solo per questa particolare messa in scena (anche se non nuova al cinema). Christy Hall fa di questa storia un film, ma la si vedrebbe bene a teatro. Il viaggio non conta tanto a livello simbolico, persino lo sguardo fugace dato a un grave incidente smuove poco nei personaggi. Tutto il loro cambiamento avviene a parole e a piccoli gesti. A dare forza al film c’è un gigante della recitazione quale è Sean Penn. Basta l’inquadratura al suo braccio nella penombra, o la parlata profonda e sofferente (si raccomanda la visione in versione originale) a esaltare il grande schermo.

Una notte a New York andrebbe però studiato dai futuri cineasti sia quando è al meglio, sia quando è al peggio. Il contrappunto femminile di Dakota Johnson, figlia degli attori Don Johnson e Melanie Griffith, non riesce a trovare uguale maturità. Laddove Penn si “mangia il film” lei fatica a valorizzare la sceneggiatura appiattendo la sua parte dei dialoghi. Fallisce nel far percepire la ragione per cui è disposta a prestare le sue confidenze a questa sorta di psicologo “un tanto al chilo”. Così, più si scava nel suo passato, più il personaggio si carica di una serie di stereotipi al femminile piuttosto banali. Bersaglio non del tutto centrato per un film che trova anche momenti molto alti, come lo splendido finale delegato tutto agli occhi di Penn. Ciò che resta di più è l’immagine del taxi come strumento di una connessione, che si fa confessione, e infine dialogo per vincere la solitudine della modernità.

Temi: amore, relazioni, famiglia, dialogo, confessioni, viaggio, attesa