Se volessimo aprire l’anno tornando al cinema con un’opera di pregio, non possiamo non vedere “Un eroe”, l’ultimo lungometraggio di Asghar Farhadi, premiato al festival di Cannes e candidato all’Oscar come miglior film straniero.
Di Gianluca Bernardini
Rahim (Amir Jadidi), divorziato, con un figlio balbuziente a carico e segretamente fidanzato con l’affascinante Farkhondeh (Sahar Goldust), si trova in carcere per non aver assolto un debito finanziario nei confronti dell’ex cognato. Grazie a un permesso di soggiorno e una borsa con delle monete d’oro trovate per caso dalla sua amata, desidera, con il ricavato dell’eventuale vendita, trovare la via per restituire parte del dovuto e la libertà per tornare finalmente a casa. Parte da qui la disavventura del protagonista che, attraverso colpi di scena, porta lo spettatore non solo a riflettere sull’Iran di oggi nonché su una società sempre più globalizzata, vittima della politica dei social media, dove l’onorabilità è data più dall’immagine che si dà di sé che dalla verità dei fatti, a volte così difficile da dimostrare. Ancora una volta il regista iraniano porta al centro un dilemma (non possiamo, per esempio, non ricordare “Una separazione” del 2011, nonché “Il passato” del 2013) per poi arrivare a sviscerare nel racconto temi che attivano una riflessione alta, nonché morale, sul senso della vita. Quella a volte di condannati, altre di redenti, ma sempre narrata con quello stile aderente a quel “neorealismo” italiano, a cui Farhadi ha dichiaratamente detto di ispirarsi. Un cinema che non giudica, ma guarda alla realtà anche se si esce dalla visione, magari, con dell’amaro in bocca, ma anche con l’idea di aver visto qualcosa per cui ne valeva la pena. Un cinema che viene da lontano, ma che ha, ancora una volta, molto da insegnare a chi si mette dietro ad una macchina da presa. Chapeau.
Temi: verità, onore, riscatto, social media, pena, amore, famiglia