di Gianluca BERNARDINI
Una storia romantica, buffa e triste, raccontata con la semplicità di una fiaba, ma con un impianto sociologico realistico»: così definisce la sua ultima opera Paolo Virzì. Dopo il successo di «La prima cosa bella», per non parlare di «Ovosodo» o «Caterina va in città», «Tutti i santi giorni» è uscito questa settimana nelle sale. Liberamente tratto dal libro «La generazione» di Simone Lenzi (leader dei Virginiana Miller di cui la canzone omonima del film) il plot narra la storia di Guido (il bravissimo e originale Luca Marinelli de «La solitudine dei numeri primi») e Antonia (l’esordiente Thony, vera cantante scoperta in rete) completamente diversi e innamorati. Lui colto, raffinato, portiere di notte in un albergo, con nel cassetto una laurea sui protomartiri cristiani (dice molto il suo originalissimo «buongiorno»); lei cantante «in erba», da un passato piuttosto «borderline», costretta a mantenersi lavorando presso un’agenzia di autonoleggio. Antonia e Guido (lui ricorda molto Burt di «American Life») vivono insieme da 6 anni ad Acilia (frazione di Roma, ndr) e coltivano il desiderio di un bimbo che purtroppo non arriva. Soffrono per questo e fanno di tutto per ottenerlo. Passano così attraverso quelle «prove» (descritte nella loro assurda e cinica drammaticità) che conoscono molto bene le «giovani coppie» che si confrontano con il tema della «non gravidanza». Si arrabbiamo, piangono, sorridono, si disperano, si interrogano, si separano e si ritrovano i nostri protagonisti, ma soprattutto si amano. È questa la forza del film (bellissima la figura di Guido, di cui comprendiamo il frutto maturo della sua umana e religiosa educazione) che sa entrare dentro la storia odierna, senza falsi moralismi e sa far percepire che la forza dell’amore paga e arriva ad appagare chi si ama veramente e nonostante tutto. Le scene finali, volute fortemente dal regista, ne sono la prova: la celebrazione di una «festa» che rimanda alle origini e apre fortunatamente, come un nuovo punto di partenza, a un futuro fatto di speranza.