Una famiglia in vacanza lotta e sopravvive allo tsunami

di Gianluca BERNARDINI

1-70413

«Chiudi gli occhi e pensa a qualcosa di bello»: così suona il leitmotiv che ritorna più volte nell’ultimo film di Juan Antonio Bayona, «The impossible». Ma è davvero difficile pensare «a qualcosa di bello» di fronte alla tragedia che ha colpito, con un tremendo tsunami, il 26 dicembre del 2004, le coste dell’Oceano Indiano, restituendo circa 300 mila vittime. È questo infatti il terribile scenario in cui si svolge «la vera storia» di una famiglia (iberica, ma sullo schermo americana per via della distribuzione internazionale) di sopravvissuti (padre e madre con tre figli), in vacanza per Natale in Thailandia. Il regista spagnolo lo ribadisce all’inizio del film per ricordare a tutti che quello che la mente umana non riesce a concepire come possibile, proprio quello, è veramente accaduto. Una storia, una delle tante forse, quella che nel film prende forma in Maria (straordinaria Naomy Watts, candidata all’Oscar), il marito Henry (il credibile Ewan McGregor) e i loro tre figli: Lucas (il talentuoso esordiente Tom Holland, nei panni del figlio maggiore), i piccoli Simon e Thomas. Trasferitasi in Giappone per lavoro del padre, ora l’allegra famiglia si trova in vacanza sulle isole per qualche giorno di relax. Tutto bello, tutto tranquillo; nemmeno una possibile crisi lavorativa riesce ad oscurare il clima sereno che si respira nello splendido resort affacciato sul mare cristallino, se non un rumore da lontano e uno strano vento (grazie ad un lavoro sonoro non indifferente) che già preavvisa lo spettatore che qualcosa di tremendo sta per accadere. Bayona, già rodato con l’horror in «The Orphanage» (2008), riesce a mettere sullo schermo quello che nessun telegiornale o video amatoriale è riuscito a raccontare; forse, molto più che Eastwood in «Hereafter». Letteralmente immersi nell’acqua e nella disperazione, Maria, gravemente ferita, e Lucas si trovano infatti a combattere per la sopravvivenza tra le onde e i detriti, pensando di essere rimasti del tutto soli. Sarà forse la disperazione, sarà forse l’istinto umano a tirare fuori il meglio dei nostri protagonisti. Condito con i migliori ingredienti del melò, dalla musica ai colpi di scena (fin troppo prevedibili), «The Impossible» sa toccare il cuore del più sensibile spettatore. Se da una parte, dunque, non sembra per nulla «nuovo» quello che viene raccontato, sono quei teneri gesti, nella comune tragica esperienza, che si fanno fraterna attenzione, sguardi compassionevoli, aiuti concreti a rammentarci che è possibile dare un volto di speranza anche a una umanità terribilmente afflitta.