di Gianluca Bernardini
Determinata, sicura di sé, ligia nel proprio ruolo, così si presenta l’eminente giudice della Sezione Famiglia dell’Alta Corte britannica Fiona Maye (Emma Thompson in una straordinaria interpretazione).
Una carriera di tutto rispetto, costruita con il senso del dovere prima di tutto, sacrificando la propria vita e pure il proprio matrimonio che ora vive un momento di crisi. Per lei la legge è tutto, come dice del resto «The Children Act – Il Codice dei minori» del 1989: «Quando una Corte formula una delibera in merito all’educazione e allo sviluppo di un minore, il benessere del minore stesso deve essere considerato come prevalente e prioritario». Finché un giorno il caso di un brillante diciassettenne testimone di Geova, Adam Henry (Fionn Whitehead), sostenuto dai genitori, che sembra rifiutarsi di sottoporsi alla trasfusione di sangue con il rischio di morire, sconvolgerà la vita di entrambi.
Presa la decisione insolita di recarsi in ospedale, giunta al capezzale del letto, il dialogo tra lei e il ragazzo non li lascerà più come prima: in Adam scatterà un’inaspettata voglia di vivere, magari proprio accanto alla giudice, in Fiona strane sensazioni e, forse, desideri materni sopiti nel tempo. Dentro un turbinio di emozioni, la mente a poco a poco sembra tuttavia prendere il sopravvento sul cuore. Ma il prezzo da pagare di fronte alla libertà di scelta è caro.
Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Ian McEwan (qui nei panni pure di sceneggiatore) La ballata di Adam Henry, esce in Italia con il titolo «Il verdetto». Il film di Richard Eyre riesce così a restituire con tutta la sua forza il corso di un’esistenza razionale, come quella del giudice Maye, che si impiglia dentro i doveri morali. Non si può vivere, infatti, tutta una vita senza lasciar passare quello che si prova «dentro». Un vero elogio della ragionevolezza dei sentimenti.
Temi: ragione, fede, religione, deontologia, coscienza, libertà, sentimenti, emozioni, vita, morte, famiglia.