di Gianluca BERNARDINI

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Un colpo al cuore «Room». Così potremmo definire il film di Lenny Abrahamson, che mette in scena la fedele trasposizione del romanzo dell’autrice irlandese Emma Donoghue (tradotto in trentacinque lingue, uscito anche in Italia) che ispira il suo racconto al caso austriaco di Joseph Frizl che ha tenuto segregata la figlia per ventiquattro anni abusandone e avendo da lei ben setti figli. Un dramma che qui vede protagonisti una giovane madre (Joan Allen, fresca di Golden Globe nonché di Oscar), rapita a diciassette anni, insieme al figlio Jack (Jacob Tremblay, una vera rivelazione), nato in prigionia, che ormai ha compiuto cinque anni. Un universo di affetti racchiuso in una stanza di tre metri quadri, illuminata da un lucernario. Ma’, così la chiama il piccolo Jack, è l’unico suo riferimento: è tutto per lui. Così come per lei Jack è la sua ancora di salvezza, a cui aggrapparsi per non cedere alla disperazione di fronte alle attenzioni del mostro, Old Nick (Sean Bridgers), che ogni notte viene a farle visita. Non servono le grida (fatte a mo’ di sfogo e gioco), non servono i sotterfugi della malattia per andare oltre la porta dell’orrore. Occorre inscenare la morte del piccolo per poterlo far uscire e finalmente abbattere i muri del terrore. Così sgattaiolando fuori dal furgone che lo sta portando alla sua destinazione finale, Jack spalancherà, per la prima volta, i suoi occhi al mondo. Per lui e Ma’ inizierà, con la libertà ritrovata, un lungo e difficile percorso per riappropriarsi della vita che è stata loro sottratta. Una vita che sono stati costretti a ricostruire nella «room» (stanza) che ora, non più come luogo fisico, torna a interpellare il loro ritorno, ogni volta che gli ostacoli sembrano prendere il sopravvento sul loro legame d’amore. Una storia potente, ben scritta e ben diretta, che sa portare lo spettatore dentro un universo inimmaginabile, lo stesso che Jack (l’utilizzo della voce fuori campo più che mai azzeccata) poco per volta ci porta a (ri)scoprire e, forse, ad apprezzare, uscendo dalla sala, come non mai. Ricordandoci, oltretutto, quanto davvero sia forte e inscindibile il legame che intercorre tra una madre e il proprio figlio. Nel bene e nel male. Da non perdere.

Temi: rapporto madre-figlio, prigionia, libertà, vita, sofferenza, approccio col mondo.