Dalle piccole cose all’intero universo, una riflessione a misura di bambino
di Gianluca BERNARDINI
«Il nostro è il più bel posto al mondo»: ce ne vuole tutta per un’affermazione del genere quando ci si trova nella «Grande Vasca», ovvero in una zona paludosa nel sud della Louisiana, creatasi nel «bayou» sul delta del Mississippi, aperta alle continue inondazioni, senza nessun confort e separati volutamente dalla civiltà moderna. Qui vive una bimba di sei anni, Hushpuppy (la straordinaria Quvenzhané Wallis), con il rude e malato padre Wink, in armonia e in lotta con le leggi della natura e la forza della sopravvivenza, insieme ad altri «relitti» della società. Parte dalla pièce teatrale «Juicy and Delicious» di Lucy Alibar l’opera prima di Benh Zeitlin, trentenne regista di New York, che ha girato «Beats of the Southern Wild» (titolo originale) con un budget ridotto. Premiato a Berlino lo scorso anno, nonché al Sundance Film Festival, «Re della terra selvaggia» è quindi un piccolo e grande film che sa conquistare, di sequenza in sequenza, il cuore dello spettatore che ama un cinema di spessore. Tra l’onirico, le forze impreviste della natura, il combattimento contro i preistorici «uri», il disgelo dei ghiacciai e la forza degli sguardi profondi che rivelano l’anima, il giovane cineasta consegna ai nostri occhi una riflessione a misura di bambino: «L’intero universo si regge sull’incastro delle piccole cose – ci dice la piccola, candidata come la più giovane protagonista ai prossimi Oscar -… Se un pezzo si rompe, anche l’universo si rompe… Se riesci ad aggiustare un pezzo rotto, tutto può tornare come prima! Quando sei piccolo devi aggiustare quello che puoi…». Per questo lotta Hushpuppy, alla ricerca di una madre che se n’è andata, con la paura di perdere pure l’unico suo riferimento e restare sola in mezzo alla dura vita della jungla. È lei chiamata, come le ricorda insistentemente il padre, ormai moribondo, a diventare «uomo» e «re» di questo mondo selvaggio. Lei che non deve piangere, lei che non deve soccombere di fronte alle ineluttabili perdite dell’esistenza che tutti accomuna. Non ci sono altre parole per questo bell’esordio di Zeitlin, se non quello di augurare almeno un premio (per chi secondo voi?) ai prossimi Academy Awards.