Di Gianluca Bernardini
«Il coraggio, uno, se non ce l’ha, non se lo può dare», diceva il Manzoni ne «I promessi sposi», mettendo queste parole in bocca a don Abbondio.
In «Paradise. Una nuova vita» la tesi sembra quasi completamente stravolgersi con Calogero (Vincenzo Nemolato), protagonista della storia surreale scritta da Andrea Magnani (regista del divertentissimo «Easy» del 2017) e messa in scena da Davide Del Dagan.
Catapultato dalla Sicilia all’isolato Sauris (bellissimo borgo montano della. Carnia in Friuli), perché testimone di giustizia, dopo aver assistito a un delitto di mafia, Calogero (nuovo nome datogli dal «programma») deve reinventarsi una vita in un luogo così lontano dal suo mondo (vendeva granite), in attesa di ricongiungersi ai suoi affetti più cari che fanno fatica a comprendere fino in fondo la scelta di «aver parlato». In un contesto così isolato giunge pure il famigerato «killer» (Giovanni Calcagno), che porta ora il medesimo nominativo, anche lui fuggito per vicende avverse dalla terra sicula e inserito nel medesimo programma. La strana coincidenza (o errore), dopo diversi divertenti malintesi, porterà i due a confrontarsi con una realtà nuova che chiede loro di cambiare inesorabilmente il corso delle rispettive esistenze. Anche se il film fa sorridere, mette a fuoco un tema importante: quello di eroi coraggiosi che, senza il loro vero nome, sono costretti per sopravvivere a cambiare identità, fino a rinunciare totalmente a se stessi. Ma non solo. C’è infatti qualcosa di più profondo dietro quei silenzi e brusii della natura montana: la riscoperta di sé e di quella forza interiore che fa compiere scelte che mai si avrebbero, forse, contemplate se non «costretti» dai fatti e dai luoghi. Paradossalmente là dove finisce il mondo, si aprono confini inediti che profumano ancora di speranza e di vita. Da vedere.
Temi: testimoni di giustizia, identità, famiglia, passato, solitudine, coraggio, verità, vita.