Non sono più qui è disponibile da tempo su Netflix, ma ha catturato l'attenzione di molti spettatori grazie alle buone parole messe da due registi...
Di Gianluca Bernardini
![Non sono più qui](https://www.sdcmilano.it/files/2020/11/non-sono-piu-qui-recensione_jpg_1200x0_crop_q85.jpg)
Ci sono due grandi registi, Guillermo del Toro e Alfonso Cuarón (i cui ultimi film sono due capolavori: La forma dell’acqua e Roma), che in questi giorni stanno spingendo un piccolo grande film, presente nel catalogo Netflix.
Non sono più qui è diretto da Fernando Frias e racconta la storia di Ulises, un giovane messicano che, dopo avere assistito a una resa dei conti tra gang locali è costretto a fuggire dalla sua città natale, Monterrey, e rifugiarsi a New York.
Il presente e il passato del protagonista si fondono, così nel giro di una sola inquadratura ci ritroviamo catapultati negli Stati Uniti, spaesati come lui, senza riferimenti o ritorniamo nei ricordi della patria.
Ulises parla due lingue: lo spagnolo e la Cumbia, una danza popolare colombiana che si è diffusa in Messico diventando popolarissima tra i più giovani. Muoversi a ritmo diventa per il ragazzo uno strumento di comunicazione con i coetanei e con Lin, ragazza asiatica di seconda generazione, ma perfettamente integrata nel tessuto sociale. Anche il bizzarro taglio di capelli di Ulises attira e incuriosisce gli sguardi. Musica e aspetto fisico, due fattori che lo portano al centro di una rete di relazioni effimere. Viene, infatti, trattato come un oggetto bizzarro e curioso, da usare e lasciare quando non più interessante.
Non sono più qui è un film in cui il protagonista prende (letteralmente) molte porte in faccia, che racconta un mondo fatto di solitudine umana. Eppure del Toro e Cuarón (entrambi messicani) ci invitano a vedere altro. Il regista si sofferma, infatti, su un momento storico e una cultura così specifica da diventare universale. Il viaggio di Ulises (nome non casuale) non è solo un attacco ad un’America sempre più indifferente, ma è un manifesto per tutti gli scomparsi di questo mondo, che camminano nelle nostre strade senza avere il privilegio di uno sguardo e un tocco umano. Da vedere.