di Gianluca BERNARDINI
Ci sono persone buone nella vita, anche quando questa sembra non esserlo mai stata tanto con loro. Non hanno avuto, spesso, molto dagli affetti, dai luoghi dove sono nati, dai contesti in cui sono cresciuti. Uno di questi è Manuel (Andrea Lattanzi), «il gigante buono», appunto, protagonista del film di Dario Albertini che, dopo aver girato il documentario «La repubblica dei ragazzi», ha voluto soffermarsi sul compimento dei diciotto anni di età, quando si esce da quella struttura che oggi è diventata una vera e propria «casa famiglia». Un momento cruciale, quello del passaggio all’età adulta, che chiede soprattutto per alcuni, come Manuel, di mettere in campo forze che nemmeno sai dove trovare: per un lavoro da cercare, una casa da accudire, una madre da prendere a carico agli arresti domiciliari. Situazioni non facili per uno che si affaccia «nuovamente» alla vita e vorrebbe forse vivere la sua età, fatta di divertimenti, dubbi, amori, sbandate… Ma, a volte, non si può, e non si deve, pure, «lasciarsi andare» di fronte ad un contesto che chiama a fare scelte più grandi di noi. Occorre, dunque, decidersi e in fondo sperare che, alla fine, le cose potranno sempre andare meglio. Albertini ci pone così di fronte ad un racconto di formazione asciutto e forse troppo poco emotivo, fatto d’immagini che cercano di catturare l’animo dell’esordiente protagonista più del luogo in cui vive, visto pure altrove e quindi già conosciuto. Ci riesce così bene, però, con quella telecamera «addosso» che sembra essa stessa prendersi cura in qualche modo di Manuel per non lasciarlo solo nella ricerca faticosa del suo posto nel mondo. Un’opera dedicata a tutti quei «Manuel delle periferie»: quelli che, nella vita, «devono fa’ er doppio della fatica», se non «er triplo». Da vedere, anche con gli adolescenti, magari prima della «maturità».
Temi: maturità, giovani, disagio, periferia, responsabilità, speranza, ricerca, resistenza, vita.