di Gianluca BERNARDINI
«Io gioco o muoio» suona la canzone nel ristorante dove Khaled, giovane clandestino siriano, ha appena trovato lavoro grazie al proprietario Vikström, ex rappresentante di camicie, che ha deciso di cambiare mestiere aprendo il locale. Siamo a Helsinki e sono diversi gli immigrati che risiedono nei centri di assistenza in attesa che si trovi una soluzione per loro o che vengano riportati in patria. Nonostante Khaled chieda lo stato di rifugiato politico, dopo aver perso tutta la famiglia tranne una sorella di cui sembrano essersi perse le tracce, le autorità locali glielo negano e così cerca di farsi strada da solo. L’incontro fortuito con il vecchio imprenditore di mezza età, che ha lasciato pure la moglie per rifarsi una vita, segna perciò un nuovo inizio carico di aspettative. Si gioca proprio su questa casualità e su questo accadere il racconto di Aki Kaurismaki in «L’altro volto della speranza». Una favola «surreale» (pur essendo piena di realtà) che ha meritato l’Orso d’argento all’ultimo festival di Berlino. La seconda opera di una trilogia sull’immigrazione (ricorderemo tutti probabilmente «Miracolo a Le Havre») che fa ancora colpo grazie a quel tocco di poesia frammista all’ironia che difficilmente riusciremo a trovare ancora sul grande schermo. Grazie al genio del regista finlandese la storia vuole, come lui stesso ha dichiarato, «mandare in frantumi l’atteggiamento europeo di considerare i profughi o come delle vittime che meritano compassione o come degli arroganti immigrati clandestini a scopo economico che invadono le nostre società con il mero intento di rubarci il lavoro, la moglie, la casa e l’automobile». Ci riesce lasciando allo spettatore, però, quel senso di malinconia per qualcosa che alla fine è molto difficile da realizzare. Soprattutto v’è sempre un prezzo da pagare. Perché gli eroi, se vogliono essere tali, devono in qualche modo patire quando c’è qualcuno da salvare. Il siriano Khaled, mentre fa l’elenco delle sue dolorose traversie, ricorda così le persone per bene che l’hanno aiutato. Tanti «buoni samaritani» (veri volti della speranza) da cui prendere esempio, dentro una società che cerca spesso, purtroppo, di eliminare gli umani così «diversi» e in difficoltà.
Temi: immigrati, accoglienza, futuro, altruismo, lavoro, possibilità, speranza.