Al cinema ora una piccola gemma, una storia di amicizia, perdono e riconciliazione tra due donne. I destini di due madri si incrociano tra le divisioni nazionali del Sudan in rivolta.

Di Gabriele Lingiardi

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Il perdono è un qualcosa che si fa dentro di sé, la riconciliazione avviene tra due persone. I grandi eroi, al cinema, perdonano. Le donne semplici, al cinema, riconciliano.

Accade in Goodbye Julia, ma accadeva anche in As Bestas, dove una vedova spezzava il ciclo di violenza con chi ha ucciso suo marito. O in Vermiglio, con lo sguardo incrociato di due vedove di uno stesso uomo. Mohamed Kordofani non è un regista ingenuo. Il suo film è costruito su un sapiente alternarsi di speranza di pace con l’ineluttabilità di un mondo che sembra scegliere la violenza. Goodbye Julia trova così un finale (che non sveleremo) emozionante in positivo. Lo contrappone subito dopo con un’ultima inquadratura incredibilmente amara.

Siamo nel 2005 a Khartoum, nel nord del Sudan. Mona è musulmana, è benestante, ama cantare, ma il marito non glielo permette. I due non hanno figli, pur desiderandoli. Julia invece è povera e cristiana. Suo figlio, Daniel, viene investito da Mona. Questa scappa a casa, inseguita dal marito di Julia. Arrivata a destinazione, viene protetta dal marito che fredda l’inseguitore con un colpo di fucile. Autodifesa, dirà la polizia scagionando la coppia. Eppure il senso di colpa è troppo: la donna accoglie l’ignara vedova come sua domestica. La tratta da amica e si rapporta a Daniel come a un figlio. Si instaura così un legame fortissimo che espande la famiglia. Avviene in un Sudan infiammato dalle tensioni sociali e di guerriglia che porteranno alla secessione.

Così il film riesce a inquadrare una piccola storia, per renderla metafora di movimenti civili e rivendicazioni molto più ampie. Dal primo piano al campo lunghissimo, Goodbye Julia prova a dimostrare, seppur con qualche ingenuità e con qualche minuto di troppo, come le divisioni nazionali si ripercuotano sulla vita delle persone e come questa influenza valga anche al contrario. Fortunatamente il cinema da un decennio a questa parte ha capito che il nuovo punto di vista per raccontare il mondo è quello femminile. Così lo sguardo e l’amicizia, pur nel rispettivo dolore, di queste due splendide protagoniste è una rivoluzione delicata, contro un modo di pensare maschile ormai logoro nella sua ricerca di vendetta, contro una giustizia orientata al pareggio, all’occhio per occhio che dà una soddisfazione momentanea e non, appunto, alla riconciliazione sul lungo termine.

Temi: donne, Sudan, giustizia, famiglia, canto, libertà, storia