Delicata storia di integrazione: uniti dal dolore vincono le paure
di Gianluca BERNARDINI
Al confine tra Italia e Germania, in Trentino, a Pergine nella Val de Mocheni, si incontrano Dani (Jean-Christophe Folly) e Michele (Matteo Marchel). Il primo, fuggito dal Togo, ha perso l’adorata moglie in Libia che gli ha lasciato in dono (un ricordo che pesa) la piccola figlia; il secondo, invece, è un ragazzo del luogo, anch’egli con un lutto alle spalle. Morto tragicamente il padre, Michele vive la sua preadolescenza in lotta con la madre (Anita Caprioli), sorretto dai consigli scanzonati dello zio (Giuseppe Battiston). Da Pietro (Peter Mitterrutzner), il nonno apicoltore, Dani impara a riparare le arnie e a mettere a frutto l’arte dello scolpire il legno. Con lui si sente al sicuro e poco a poco, grazie alla saggezza del vecchio e al dialogo con Michele nel bosco, alla ricerca della legna per l’inverno ormai alle porte, egli apre il suo cuore. Il racconto che Andrea Segre mette in scena, dopo il successo di «Io sono Li», ha ancora il sapore delicato dell’umano. Tra il documentaristico (splendida ancora una volta la fotografia di Luca Bigazzi) e la finzione (bello il mix tra attori professionisti e non), senza eccedere nel sentimentalismo, la storia (grazie anche ai silenzi) che si dipana sullo schermo arriva nuda e cruda al sodo: c’è un lutto da rielaborare. È un peso da sopportare, ma occorre sapere vincere le proprie resistenze o paure (l’orso o il percorso per Michele, lo sguardo della piccola o la fuga per Dani) se si vuole continuare a vivere e sperare. Il meglio non sta sempre altrove, piuttosto lì dove si è, anche quando sembra che tutto accanto non faccia altro che rammentarci drammaticamente l’amaro passato. «Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme», ricorda nonno Pietro. Dani e Michele «profumano» dello stesso dolore. Così il loro improbabile incontro allude, più che al caso, alla Provvidenza che, come la prima neve che cade dà nuova bellezza al paesaggio di sempre, riesce a far brillare di luce lo spazio buio che a volte, purtroppo, lega e opprime. I temi cari al regista veneto, docente di Sociologia della comunicazione all’Università di Bologna, ci sono tutti, questa volta però concentrati in un racconto che potrebbe riguardare molto da vicino ognuno di noi.
Temi: lutto, natura, silenzio, accoglienza, amicizia, integrazione, solidarietà, paternità, rinascita.