C’è sempre un punto di svolta da cui ripartire quando si tocca il fondo
di Gianluca BERNARDINI
«Solo i furbi e gli spregiudicati raggiungono il successo». L’avvocato Umberto Maria Dorloni (Claudio Bisio, questa volta in un ruolo comico più «british») lo sa bene: sposato, con una moglie (Margherita Buy) e dei figli a cui dà poco «ascolto», ricco, sfacciato, con la voglia di sfondare nella Milano che conta, senza troppe remore. Tanto ingenuo, però, e sicuro di sé da lasciarsi rubare il posto da chi è un filo più scaltro di lui. Tutto finito? No. Un incontro «fortuito» con il cinico faccendiere Patrizio Azzesi (Diego Abatantuono), nonché con la compagna Morgana (Jennipher Rodriguez), triste, stralunata e affascinante, gli daranno occasione di pensare ad un riscatto sociale. Così è (e fa) «La gente che sta bene», tratto dall’omonimo romanzo di Federico Baccomo Duchesne, quella che vive nella «city che pulsa», quella dove si fanno i veri affari, dove, non importa il «come» e a che prezzo, puoi essere «qualcuno». Con tratto ironico ma anche cinico, a volte pure «acido», Francesco Patierno, dopo l’ultimo «Cose dell’altro mondo», torna in sala con una commedia che vuole far riflettere su quella vita «italiana» che negli ultimi vent’anni ha prodotto una certa cultura, una società e una visione di vita. Se da una parte, dunque, non ci resta che compatire, con un certo disgusto, quello che oggi siamo, il film, però, ha il pregio, attraverso la parabola del «povero» Umberto, di farci riflettere sui valori che, seppur sembrano perduti, restano sommersi nel substrato umano che non ci lascia ancora, per fortuna, senza speranza. C’è sempre un punto di svolta, una prospettiva nuova da cui ripartire anche quando si tocca il fondo. Occorre, forse, solo guardarsi un po’ più dentro e meno fuori. Per una trilogia su Milano (ma non solo) e la «sua» gente vedere anche «Il capitale umano» di Virzì, nonché «L’intrepido» di Amelio.
Temi: crisi, famiglia, lavoro, valori, denaro, città.