Un film contro l'odio che usa l'arma della satira e dell'umorismo. Un'operazione rischiosa, che ha diviso il pubblico, ma che riesce a fare discutere di temi importanti e sentiti. Per noi un'opera riuscita. Parliamone... con un film!

Di Gianluca Bernardini

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Sì può ridere del male? Sì! Anzi, si deve! È questo che ci dice il regista Taika Waititi nelle prime scene di JoJo Rabbit. Il film è una “satira anti odio” che prende infatti i riti e l’immaginario nazista per distorcerli, renderli ridicoli e, in questo modo, neutralizzarli.

JoJo Betzler è un giovane hitleriano: un bambino nato e cresciuto durante il secondo conflitto mondiale. Non ha conosciuto altro nella sua vita. È accudito dalla madre (una magnifica Scarlett Johansson), sola, in una Germania in preda alla follia nazista. Viene chiamato Rabbit (coniglio) per via della sua incapacità di fare del male. Egli cresce frequentando i campi di addestramento per la gioventù e intrattenendo lunghe discussioni con il suo migliore amico immaginario… Adolf Hitler! La scoperta di una giovane ebrea, nascosta in casa dalla madre, metterà in crisi il fanatismo cieco di JoJo.

Una trama convenzionale, per un film in realtà poetico, leggero, ma profondissimo. Il punto di vista, nel cinema, è un’ importante scelta narrativa. La vita è bella raccontava la Shoah dalla prospettiva di un padre. JoJo Rabbit, invece, filtra l’orrore della guerra attraverso gli occhi di un bambino. Da qui deriva il tono frizzante e coloratissimo del film, in contrasto con i fatti raccontati. Il mondo, secondo JoJo, è diviso in due: ci sono eroi che uccidono (i Nazisti) e “mostri” che invece scappano e si nascondono (gli Ebrei). Per fortuna l’incontro con la ragazza della soffitta, un diverso che tanto fa paura, sconvolge la sua prospettiva. JoJo, attraverso il confronto e l’amicizia, cambia la sua visione. I colori accesi diventano pastello alla fine del racconto. Entrano le sfumature, entra il grigio della guerra: non più occasione di eroismo, ma tragedia che colpisce tutti, vincitori e vinti. Nel cinema di Waititi (noto per il film Marvel Thor: Ragnarok) non ci sono adulti: solo bambini e… “bambini cresciuti male”. Questi ultimi compiono azioni insensate, che neanche loro comprendono appieno.

L’opera ha fatto molto parlare di sé scioccando il pubblico statunitense per la rappresentazione anti eroica delle truppe americane, e per il coraggio con cui afferma (finalmente) che la guerra non ha mai vincitori, ma solo vinti. Il vangelo ci invita a ritornare come bambini per entrare nel Regno dei Cieli. JoJo Rabbit ci chiede di restare piccoli, ad altezza piedi (dettagli importantissimi nella storia), perché solo così si può continuare ad amare e ballare, liberi, sulle macerie del mondo. Per ricostruire e per non dimenticare.

Temi: Guerra, Shoah, nazismo, amicizia, infanzia, famiglia, incontro, satira, Hilter, libertà