di Gianluca Bernardini
Ci sono battaglie che si devono combattere. Perché ne vale la qualità della vita, per non dire la stessa dignità della persona. Se non si lotta si soccombe. Perché i diritti non possono essere calpestati, come quello del lavoro. I patti non possono essere «traditi», in ragione di compromessi utili sono a chi è più forte e per questo vince. Tratta proprio di questi temi «In guerra», l’ultimo film di Stéphane Brizé (bellissimo il suo «La legge del Mercato» del 2015).
Laurent Amédéo (Vincent Lindon, perfetto nuovamente nel suo ruolo), si fa portavoce della protesta dei 1100 dipendenti della Perrin, un’azienda di un gruppo tedesco, specializzata in apparecchiature automobilistiche, che decide in tempo di crisi, dopo che gli operai hanno rinunciato a parte del salario per cinque anni, di chiudere i battenti in anticipo rispetto agli accordi fatti in precedenza. In scena non solo lo sciopero, non soli i tavoli per cercare di trovare una soluzione favorevole per tutti, non soltanto il dramma di tanti operai (esistono ancora) pronti a qualsiasi cosa pur di non perdere il posto, piuttosto al centro c’è la dimensione umana contro gli interessi economici.
Non mancano così i momenti di forte tensione, anche interna, quando le forze vengono meno e ogni speranza sembra svanire. Su tutte, una domanda importante: perché essere privati del proprio lavoro solo per permettere alla società di aumentare ulteriormente i propri profitti? Un film «politico», nel senso più alto e nobile del termine. Un vero «braccio di ferro» che va a scardinare le dinamiche sottese anche a leggi che non sempre sembrano mirare alla giustizia «per tutti», anzi favoriscono meccanismi di costrizione. Da vedere, per poterne parlare, poiché anche nella realtà c’è ancora molto da fare.
Temi: lavoro, lotta, dignità, diritti, sciopero, crisi, solidarietà.