Arriva in sala il potente Green Border di Agnieszka Holland. Un film politico e importante che argomenta, attraverso un'esperienza viscerale, la sua richiesta di umanità.
Di Gabriele Lingiardi
Green Border è uno di quei film mossi da uno spirito politico e di denuncia che sanno parlare attraverso le immagini per instillare una ribellione allo spettatore. Si può pensare di esserne immuni, abituati, in qualche modo, alla retorica che serve per raggiungere l’obiettivo. Lo si guarda pensando già dai primi minuti di avere individuato le strategie che Agnieszka Holland userà per convincerci della sua tesi (sempre che ce ne sia bisogno).
E invece, Green Border è un’esperienza da cui si esce travolti, anche se si conosce per filo e per segno i problemi di cui tratta. Mette in ginocchio per la potenza con cui lo fa. Usa il bianco e nero e un crudo realismo. Gira una storia di migrazione dalla Siria all’Europa. Una che ne rappresenta molte. Ci si rende conto che dietro all’operazione narrativa c’è l’urgenza di un cambiamento.
La storia corre sul confine tra Bielorussia e Polonia dove i migranti si rifugiano braccati dalla polizia di entrambi i paesi. Nella foresta si svolge una gravissima sospensione dei diritti dell’uomo. Un territorio di nessuno in cui “gli intrusi” vengono letteralmente (!) fatti rimbalzare, respinti da una parte all’altra senza che nessuno se ne occupi. La prospettiva del film è su di loro. Così, anche noi spettatori, brancoliamo in cerca di solidarietà. In tutto questo nero ci sarà anche del bianco, degli istanti di luce, che sanno commuovere nella misura in cui sembrano una boccata di ossigeno in un oceano di indifferenza.
Il film con il suo zoom su queste vite, racconta però in grande la fragile politica dell’Europa. Nei dialoghi delle persone intravediamo l’effetto della propaganda, identifichiamo le paure che paralizzano nelle azioni umanitarie, nel potente finale arriva un colpo netto contro il relativismo dei valori democratici. Sbandierati, mai vissuti con coerenza. L’intenzione del film è chiara: provocare un pensiero critico attraverso un’esperienza viscerale. Conosciamo queste storie dalle cronache. Ora le possiamo vivere. Tutto questo per cosa? Che richiesta vuole suscitare Green Border allo spettatore verso la politica? Mettere al centro dell’agenda l’umanità, di qualsiasi colore sia. I confini non siano più morte.
Temi: immigrazione, Europa, confini, intolleranza, Siria, guerra, cinema di denuncia