Il ritorno di Antonio Albanese e del regista Riccardo Milani in un film toccante e dai buoni sentimenti che merita una visione in sala.
Di Gianluca Bernardini
Il talento, forse, non è di tutti, ma quando in gioco si mette la passione allora la questione cambia. Lo sa bene Antonio Cerami (Antonio Albanese, perfettamente nel ruolo) che, da attore professionista di poco successo, per sbarcare il lunario accetta l’incarico di tenere un corso di teatro in carcere (le location scelte sono Rebibbia e Velletri). Un’impresa titanica che presto, però, gli prenderà il cuore, tanto da investire tempo ed energie per ciò che più ha appassionato la sua vita. Riccardo Milani, ormai regista collaudato per la commedia italiana, torna a girare questa volta un remake del film francese “Un thriomphe” (2020) su una vicenda realmente accaduta in Svezia nel 1985, tratteggiando però un quadro che sa andare al di là del sorriso, con quel suo tocco umano che ne fa un’opera più che piacevole.
In scena, infatti, non solo la fatica di inserire dei detenuti, lontani dal mondo dell’arte e dello spettacolo, dentro il linguaggio del teatro (un vero e proprio omaggio!), ma la voglia di riscattarsi, di essere sé stessi, di riscoprire quella parte migliore che a volte, per vicende avverse, è venuta meno. Resta però nel nostro profondo e chiede solo la mano di qualcuno o di qualcosa che possa risvegliarla. Lo spettacolo scelto per i detenuti, “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, ben si addice alla loro condizione. Ha al centro quel “senso dell’attesa” che ogni carcerato ben conosce. A volte basta “una scintilla”, come afferma il regista romano, per poter cambiare il corso della propria esistenza. Ad ognuno di noi la fatica di trovarla e il compito, anche, di aiutare gli altri nella propria ricerca. Un film profondamente godibile, umano e per tutti. Da vedere.
Temi: carcere, teatro, riscatto, fatica, passione, umanità, crescita, speranza, viaggio, vita