di Gianluca BERNARDINI
Ci sono persone caparbie nella vita che nonostante tutto, grazie alla loro determinazione, riescono a ottenere quello che vogliono. Magari passando anche attraverso percorsi che mai avrebbero ipotizzato. Uno di questi fu il leggendario esploratore britannico Percy Fawcett (Charlie Hunnam) che nel 1925, dopo aver ottenuto l’attenzione pubblica, determinato a trovare l’antica civiltà Z nella foresta amazzonica insieme al figlio maggiore, non fece più ritorno in patria. Militare in carriera, non ben visto dalla borghesia inglese a causa del padre alcolista che aveva dilapidato la fortuna familiare, Fawcett venne spedito dalla Royal Society ai confini della Bolivia per tracciare una nuova cartografia dei luoghi vergini, ottenendo particolare successo per le sue avventure. Basato sul romanzo bestseller di David Grann, James Gray in «Civiltà perduta» mette in scena il personaggio facendone un racconto del tutto singolare e profondamente «umano». Non solo luoghi (perfettamente fotografati), ma soprattutto le persone sono infatti al centro del lungometraggio. Le stesse che catturarono l’interesse dell’esploratore britannico e le curiosità del mondo intero. Una classica saga, forse, ma ben costruita che non tralascia di narrare anche le vicende personali di Fawcett: i sacrifici della famiglia, il desiderio di dimostrare il proprio valore, nonché le personali ambizioni e convinzioni. Un film sull’ambizione, sulla sete di ricerca e in fondo sull’amore. Più intimo che avventuroso. Non spettacolare in sé, ma capace di dare valore a quel desiderio dell’uomo che, non contento di sé, non smette mai di tentare di superare i propri limiti. Ma fin dove e, soprattutto, fino a quando? E poi: a che prezzo? Da vedere con calma, senza aspettarsi effetti speciali.
Temi: determinazione, ambizione, sacrificio, esplorazioni, ricerca, avventura, Amazzonia, indios.