Il cinema italiano sta tornando a raccontare storie che percepisce come fondamentali, urgenze dei narratori che vogliono impattare la società. Spesso, come in Cento domeniche, si traduce in grande cinema.

Di Gabriele Lingiardi

Cento domeniche

Antonio è un uomo perbene con sogni semplici. Desidera accompagnare la sua unica figlia all’altare, pagandole con i risparmi di una vita la festa di matrimonio. È in buoni rapporti con l’ex moglie e si occupa della madre anziana. È in pensione, ma offre gratuitamente la sua competenza all’azienda per cui ha lavorato, in cambio solo di piccoli favori, per formare i nuovi operai.

Il mondo gli crolla davanti agli occhi quando scopre che la banca ha investito i suoi soldi in azioni facendogli firmare dei contratti che non ha mai compreso appieno. Ora, con l’istituto vicino al crack, rischia di perdere tutto. Antonio Albanese interpreta e dirige il film più sentito della sua carriera. Cento domeniche, come quelle passate a lavorare per costruire da soli una casa, è un film italiano ad alta intensità. Parte con una rabbia gentile, finisce con l’energia di chi vuole farsi voce della disperazione dei molti umiliati da un sistema in cui bisogna essere più accorti dei furbi per sopravvivere.

Non ce n’è: di fronte a un cinema così desiderato dal suo autore, così pieno di cose da dire, si deve capitolare anche di fronte a qualche piccolo difetto. Colpisce infatti di Cento domeniche la perfezione con cui ritrae i rapporti umani. Sono spesso al punto giusto, mai eccessivamente drammatici, sempre riconoscibili e caldi. A legare tutte le sottotrame c’è la fiducia. Quella che Antonio ripone verso la banca, ma anche quella che intercorre tra le persone, amici e parenti. In un piccolo paese che tutto vede, chi soffre, chi ha perso tutto, rischia di diventare un numero o, ancora peggio, un colpevole.

È qui che il film colpisce duro in tutta la sua sincerità: quando mostra come reagisce chi si è salvato da tracollo finanziario di fronte a chi invece è caduto. Come dice un altro regista di un altro bellissimo film, ovvero Ken Loach di The Old Oak: “Cerchiamo sempre capri espiatori per le cose che vanno male, ma non lo facciamo mai verso l’alto, lo facciamo sempre in basso, verso i più deboli”. Così anche Antonio, vittima, rischia di passare alla storia come colpevole in un finale che farà discutere e che non lascerà indifferenti.

Temi: fiducia, crack bancari, qualità della vita, povertà, famiglia, società, welfare, solidarietà