Cafarnao - caos e miracoli di Nadine Labaki raccontato da Gianluca Bernardini: emozioni e riflessione in un film dall'altissimo valore cinematografico. Da non perdere!

di Gianluca Bernardini

Cafarnao

«Sono convinta che i film possano se non cambiare le cose, quanto meno avviare un dibattito o invitare alla riflessione».
Così si esprime Nadine Labaki, la regista araba che, al suo terzo lungometraggio, porta in scena con «Cafarnao – caos e miracoli» una storia così potente da «sconquassare» anche i cuori meno sensibili. Non per nulla il film, ambientato a Beirut, racconta la storia del dodicenne Zain (il bravissimo Zain Alrafeea) che vive di espedienti quotidiani pur di aiutare la propria numerosa famiglia a sopravvivere dentro un contesto difficile e infelice. Arrivato al limite, per assurdo, decide di portare in tribunale i propri genitori con l’accusa di averlo messo al mondo senza aver le capacità di prendersi cura di lui e dei suoi fratelli.
Un atto d’accusa o, forse, meglio «un gesto simbolico – come sottolinea la Labaki – a nome di tutti i bambini che, non avendo scelto di nascere, dovrebbero poter rivendicare dai loro genitori un minimo di diritti, quanto meno quello di essere amati». A metà strada tra documentario e finzione, il film srotola una storia drammatica nonché commovente, dando in pasto agli spettatori emozioni reali, quanto gli attori stessi presi dalla strada. Dentro un susseguirsi continuo di difficoltà e drammi Zain vive il proprio «calvario» senza lasciarsi scomporre, orgoglioso di «urlare» quell’identità che non ha (i genitori non hanno potuto nemmeno registrarlo, né fargli i documenti), che lo spinge a compiere e a dire ciò che in fondo un ragazzino non dovrebbe nemmeno poter immaginare.
Delle circa «cinquecentoventi» ore di girato, su tre anni di lavorazione, ne restano poco più di due capaci di avvicinare e affascinare il pubblico, come pochi altri film sanno fare. Qui le ingiustizie e le povertà umane sono le protagoniste assolute, incarnate nei volti e nelle biografie reali dei personaggi che ruotano attorno al nostro giovane protagonista. Al peggio, infatti, sembra non ci sia mai fine, ma la regista libanese, anche dentro le brutture del racconto, infine, lancia uno sguardo di speranza e di luce che mirano a guardare oltre gli occhi di Zain, per ridargli quella dignità apparentemente perduta. Non solo da cineforum.

Temi: diritti, infanzia, bambini maltratti, povertà, ingiustizia, identità, genitorialità, immigrazione