“Tuo padre è fortunato perché ha te”. Per Bruno (Luciano Miele) avere accanto Gioia (la bravissima Madalina Maria Jekal) è avere più che una figlia: una persona che si prende cura di lui.
Di Gianluca Bernardini
Ci sono, infatti, adulti che non sono all’altezza del ruolo che rivestono, come quello di un padre responsabile, e ragazzi che devono diventare “grandi” presto, perché è la vita che li chiama ad assumere compiti che non dovrebbero mai addossarsi, se non altro per la loro giovane età. Sono le “ingiustizie” di questo mondo, che conservano però, nascoste, quelle bellezze genuine che sanno brillare dietro le ombre dell’umana esistenza. Quella che Dario Albertini (suo il successo di “Manuel” del 2017) sa catturare con lo sguardo della cinepresa che, da bravo documentarista qual è, sa ben padroneggiare anche in questo suo secondo lungometraggio. Presentato nella sezione “Alice nella città” dello scorso Festival del Cinema di Roma, esce ora nelle sale “Anima Bella”. Il film narra la storia di Gioia, neo diciottenne, che dopo la morte della madre resta a vivere col papà in un piccolo borgo rurale del centro Italia. Una vita fatta di cose semplici, dentro la routine quotidiana, sconvolta dalla scoperta del padre dipendente dal gioco. La situazione la porterà a dover prendere alcune decisioni drastiche che sconvolgeranno, in diverso modo, i suoi desideri e quella serenità conquistata. Un film senza fronzoli, di rara umanità, che oltre la profondità degli sguardi sa mettere in luce quei sentimenti più veri, primordiali, puliti, che conducono a prendere scelte che si possono fare solo là dove, per parafrasare un’espressione di S. Paolo, “l’amore spinge”. Un bel racconto da vedere e di cui discutere. Questo è cinema.
Temi: ludopatia, adolescenza, paternità, fragilità, umanità, cura, prossimità, comunità, amore