di Gianluca BERNARDINI
«In fondo io continuo da sempre a raccontare gli stessi temi che mi stanno a cuore: l’amore, l’amicizia, i segni del destino e il modo in cui si reagisce agli eventi inaspettati». Sta in questa affermazione di Ferzan Ozpetek il sunto della sua filmografia e che di nuovo rivediamo anche nell’ultimo film «Allacciate le cinture». Un ritorno al melodramma (complice il co-sceneggiatore Gianni Romoli), come evoca il titolo, sulla stregua di «Saturno Contro» o «La finestra di fronte». Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca), due mondi completamente diversi, si incontrano e si amano a Lecce (città cara al regista di origini turche). Una passione viscerale che, contro tutti («tu sei troppo per lui»), li porterà a formare una famiglia, con due figli, che dopo tredici anni vive ancora tra alti e bassi (compresi i tradimenti di lui) la fatica del quotidiano, fino a quando un’imprevedibile «turbolenza» (la malattia di lei) scuoterà non solo le loro esistenze, ma anche quelle della loro famiglia «allargata» (più volte messa a tema): l’amico di sempre, e socio di Elena, Fabio (Filippo Scicchitano), nonché la mamma (Carla Signoris) e la stravagante pseudo-zia (Elena Sofia Ricci). Diviso in due atti, con una colonna sonora fortemente cucitagli addosso, tra colpi di flashback (con richiami all’Almodòvar) e piccole gag il racconto scorre (veloce) sullo schermo: cambiano i vestiti, cambia il look, cambiano gli stessi corpi (volutamente sottolineati dalla macchina da presa), ma non muta la passione. Anzi, quest’ultima si rafforza col passare del tempo (originale l’apertura del film). Che sia per l’amore della vita o per una vera amicizia. Seppure il plot sembra indulgere (volutamente) sui temi del melò, senza però volgere nel patetico, o su scene stereotipate (forse prevedibili?), il film ha il pregio di mettere al centro ancora una volta l’irrazionalità e la forza dell’amare. Caratteristiche, queste, che continuano a interrogare l’umano e che difficilmente troveranno mai risposte sufficientemente esaurienti. È questo loro restare «nonostante tutto», però, che affascina e colpisce da sempre. Un tocco di speranza, anche nella vecchia canzone di Rino Gaetano che chiude in bellezza il film: «A mano a mano si scioglie nel pianto quel dolce ricordo sbiadito nel tempo… Dammi la mano, torna vicino, può nascere un fiore nel nostro giardino».
Temi: famiglia, amore, amicizia, sentimenti, legami, malattia, destino.