Si può essere davvero felici? Anche se hai una brillante professione alle spalle con prospettiva di crescita, un amante che riempie quegli spazi affettivi che ancora ti restano e una figlia universitaria, indipendente, che apparentemente sembra non avere alcun problema?
Di Gianluca Bernardini
In una città, poi, come Milano (“la city che pulsa”) con una bella casa che manca, però, di quel calore che sembrano avere, piuttosto, quella coppia di anziani che intravedi dalle finestre in qualche pausa di riflessione e che interroga la tua vita come non mai? Sembrano essere questi gli interrogativi che ruotano intorno a Camilla (Kasia Smutniak), la protagonista dell’ultimo film di Silvio Soldini, che in seguito ad un incidente, di cui forse è responsabile, in cui muore un immigrato, comincia così un cammino di introspezione, mentre cerca di dare un nome al malcapitato e, in fondo, anche a se stessa. Nel viaggio incontra Bruno (Francesco Colella), il responsabile dell’obitorio, che come un Caronte aiuterà Camilla ad attraversare quel regno dei morti (il passato) per riportarla alla vita. In “3/19” il regista milanese ci porta dentro “un tempo di ripartenza”, come il nostro, in cui ci è chiesto forse di riprendere in mano la nostra vita per dare un senso nuovo a quello che appare spesso come un destino “segnato”. Anche quando ci sembra di costruirlo con le nostre stesse mani. Un film utile, in cui crediamo, però, che manchi qualcosa (voluto?), come quando nella vita pensiamo di avere tutto quello che ci è necessario e forse anche di più, eppure… Da vedere.
Temi: carriera, immigrati, città, Milano, ricerca, passato, memoria, introspezione, famiglia