Mentre le Sale della Comunità sono intente nella programmazione per la prossima stagione, Acec propone questo spettacolo teatrale scritto da Paul Claudel con la regia di Paolo Bignamini
“L’annuncio a Maria” di Paul Claudel è un’anomalia nel teatro europeo del Novecento: un testo di grandissima concentrazione poetica, ambientato in un Medioevo storicamente preciso e nel contempo indefinito. Un Medioevo dove regna una confusione in cui si rispecchia tutto il nostro presente: la crisi dell’economia, il disfacimento della società, la disgregazione delle evidenze anche più elementari. In questo orizzonte così lontano nel tempo eppure così vicino nei fatti, si svolge la vicenda dura, straordinaria e dolorosa di una famiglia: Anne Vercors, padre di famiglia, che sente su di sé il compito e quasi la responsabilità della propria felicità; la moglie Beth; le due figlie: Violaine e Mara, due personalità opposte eppure complementari, due posizioni diverse rispetto alla realtà delle cose, della vita – due risposte alla stessa domanda: «A che vale la vita, se non per essere data?». E ancora: il giovane Jacques, amato da entrambe, emblema del lavoratore; e Pierre di Craon, il costruttore di cattedrali: il genio santo e peccatore, paradigma dell’amore assoluto, di quel distacco che solo permette di vedere.
“L’annuncio a Maria” è un mistero già a partire dal suo titolo, che non sembra avere riferimenti espliciti all’interno del testo. È un titolo, invece, che si spiega nelle dinamiche fondamentali dell’opera. Tutti i personaggi di questo dramma, infatti, s’imbattono in uno “scandalo”, in un fatto imprevisto e decisivo, rispetto al quale sono chiamati a dare una risposta – a prendere inesorabilmente posizione. Anne, che davanti al disfacimento del proprio popolo, decide di partire per Gerusalemme; sua moglie Beth, che pur non capendo sino in fondo, per amore, acconsente alla sua partenza; Violaine, che scopre su di sé una terribile malattia, e Jacques, suo promesso sposo, che viene a saperlo; Mara nel suo dolore, e Pierre nel suo sacrificio. Tutti vengono interpellati da qualcosa che ne stana l’essere più profondo, e li fa emergere come libertà. «L’annuncio» del titolo è questo bussare del mistero alla porta della persona: ciò che accade nell’uomo quando l’essere gli domanda di sé, gli chiede la vita. Si può dire che L’annuncio a Maria sia in questo una tra le figurazioni più evidenti della grandezza e del mistero della libertà: si mette in scena il rapporto drammatico fra l’uomo e il suo destino. Ed è – qui come altrove – un rapporto storico, che si gioca nel qui e ora. Tornato sulle scene dopo molti anni di assenza, questo testo trova nella nuova regia di Paolo Bignamini un allestimento che evidenzia proprio questo dramma, questa origine misteriosa da cui muove ogni gesto libero dell’uomo, e che sgorga nella storia sempre come il ribattere a un’iniziativa: il rispondere a un appello da cui tutta la vita dipende.
NOTE DI REGIA
“L’annuncio a Maria” è un testo controverso: la passione quasi febbrile con la quale molti vi si sono accostati nel Novecento ha contributo all’aura del testo, ma ne ha al contempo cristallizzato i contenuti, le interpretazioni, le suggestioni culturali. Dentro a una teca di cristallo, lo ha imbalsamato ed esposto. Leggere con un distacco culturale e temporale questa drammaturgia consente oggi, forse, di ottenere un risultato sorprendente: più ci distanziamo dalla sedimentazione, e più ci appaiono veri e vicini i personaggi del testo. Questa verità, fatta di contraddizioni, emerge in particolare nelle figure più provocatorie del dramma, quelle il cui comportamento è leggibile alla luce di categorie che stanno al di fuori e oltre l’umano. Infatti Violaine, Anne Vercors, Pierre di Craon, se privati della loro dimensione – per così dire – “verticale”, ci risultano dolorosamente incongruenti. Scelgono, in contrapposizione agli altri personaggi del dramma, una strada rischiosissima che appare di difficile da comprensione ai più. Ma proprio questa loro “incomprensibilità” è quanto di più contemporaneo ci possa essere: una non-commensurabilità che sfida il senso comune e genera in noi un doloroso presagio nel quale specchiamo la nostra incompiutezza, e quindi noi stessi disperati, indefiniti, imperfetti. Non serve altro per convincerci che “L’annuncio a Maria” debba essere affrontato come un testo umanissimo: la vicenda della giovane Violaine Vercors, che contrae la lebbra con un bacio casto dato all’uomo che sta per perdere per sempre, e accetta (e sceglie…) il misterioso percorso di sofferenza che le si spalanca davanti dopo essere stata ripudiata dal suo promesso sposo Jacques, è soprattutto una storia d’amore…
Una storia così umana da suggerire quella spaccatura dell’animo dietro la quale possiamo scorgere la complessità dell’uomo che spaventa e destabilizza. Sono questi i sentimenti che pervadono il “medioevo di convenzione” nel quale l’autore ambienta la sua narrazione, un tempo di incertezza, oscurità e spaesamento che non può non ricordare la nostra contemporaneità. Un tempo che abbiamo immaginato senza luce, un mondo nel quale il sole tarda a sorgere, e la notte persiste al di là di ogni ragionevole alternanza con il giorno. Ci resta una luce piccola e fioca, quella delle stelle, alle quali dobbiamo tenacemente voler credere…
Destabilizzazione, incomunicabilità, incommensurabilità, ma anche speranza: questa la straordinaria eredità che ci lascia Paul Claudel a oltre un secolo dalla scrittura di questo testo. Specchio del Novecento e, oltre il Novecento, specchio nostro.