Affidato alla regia di Danio Belloni e alle doti artistiche di Federico Benna, "Spaccato in due" non lascia spazi vuoti e riesce a coinvolgere a tal punto da dover trattenere più volte il respiro. Sul palco, attraverso luci, musiche e parole, la malattia di Gian, affrontata con Fede e coraggio dagli amici e dai suoi sacerdoti, prende corpo.
Gianluca ha appena compiuto 18 anni. Dopo un allenamento di calcio avverte un forte dolore al ginocchio. Una serie di accertamenti ed arriva la diagnosi: osteosarcoma, tumore alle ossa. Inizia un lungo percorso di dolore che lo porta alla morte dopo poco più di due anni. Qualche mese prima di morire Gian incontra un sacerdote con il quale allaccerà una profonda amicizia. La forza di Gian davanti alla malattia, il suo leggerla con gli occhi della Fede, il suo riuscire a trasformare in luce ciò che umanamente è solo tenebra colpiranno profondamente il sacerdote al punto di rimettersi completamente in discussione. I due decidono di scrivere un libro, in cui parlano di dolore, della morte, della speranza, della Fede. “Spaccato in due” è un monologo che parte da alcune pagine dell’omonimo libro, e dal successivo “Gianluca Firetti, il santo della porta accanto” arricchendosi di aneddoti e racconti usciti alle varie presentazioni del volume.
“Gian non è morto disperato, ma affidato. Non se ne è andato sbattendo la porta, ma incamminandosi. Non ha chiuso la sua esistenza imprecando contro un buio che non meritava, ma desiderando l’incontro con la Luce vera del mondo appena contemplata nel Natale. Il miracolo di Gianè stato capire il perché d quella situazione così sfavorevole a lui e alla sua famiglia e rileggerla con gli occhi della Fede”
Don Marco D’Agostino
«L’idea del teatro era nata il 13 febbraio 2015, per la presentazione del libro “Spaccato in due”. Proprio lì si era pensato ad un momento che non fosse una conferenza dove un autore presenta un testo, ma si erano lanciate alcune suggestioni, scene teatrali, idee che avevano ricevuto larghissimo consenso nei presenti (più di 800 persone). Aver accompagnato gli amici di Gian in tantissimi incontri di testimonianza mi ha permesso di raccogliere aneddoti, particolari, momenti della storia di Gian che poi ho rielaborato insieme ai suoi testi “Spaccato in due” e “Il Santo della porta accanto” fino ad arrivare a quello considerato definitivo. Mi sono affidato al gruppo teatrale di cui faccio parte, Spazio Mythos, impegnato in spettacoli teatrali divertenti. L’attore e regista Danio Belloni, a cui sono legato da una bella amicizia e da un intenso sodalizio artistico, ha ripreso in mano il testo sfrondandolo di particolari descrittivi che non servivano nel linguaggio teatrale e abbiamo iniziato a lavorare al monologo. E grazie ad alcune sue geniali trovate di regia, ad una scelta oculata di accompagnamenti musicali, alla sua grande capacità di dirigere chi recita, siamo arrivati al risultato che portiamo in scena. Ne è uscito un lavoro coinvolgente, carico di emozioni sia per chi è sul palco che per chi è seduto in platea. Non uno spettacolo strappalacrime, ma “strappasperanza”. Non è uno spettacolo “religioso” o da vedersi solamente da credenti. Chiunque, davanti al dolore e alla morte ha rabbia, disperazione, si pone domande, ha paura, cerca speranza. Gianluca ha passato tutte queste fasi, poi ha cominciato a fare spazio alla fede e lì ha trovato un senso al suo dolore. Ed è sulla figura di un sacerdote che punta il monologo: un prete che, dopo vent’anni di sacerdozio, crede di aver già raggiunto una maturità nella fede tale da poter vivere “di rendita” ma invece, davanti alla fede di quel ragazzo di vent’anni, malato terminale, si rimette totalmente in discussione. «Quel prete siamo noi, ciascuno di noi».
Federico Benna