C’è una palazzina al centro del nuovo film di Nanni Moretti, tratto dal libro “Tre piani" dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. L’edificio viene squarciato nel cuore della notte da un’auto che penetra nelle sue mura. Distrugge la barriera di mattoni che che ne custodisce l’intimità.
Di Gabriele Lingiardi
Nella metafora letteraria le tre storie che si intrecciano, quella di un padre infedele, di una madre che crede di essere pazza, e della moglie di un severo giudice, corrispondono ai tre stadi dell’apparato psichico teorizzato da Freud: Es, Io e Super-io. Il regista, al tredicesimo film di finzione, ma alla prima esperienza di adattamento di un’altra opera, più che fare psicologia sembra volerci raccontare le tre età della vita. Si parte con una bambina in pericolo e un’altra, di poco più grande, che desidera crescere. Il secondo blocco è dedicato all’essere madre giovane e sola, in cerca di un padre sempre assente per lavoro. Moretti si concede il ruolo di giudice-padre che rifiuta il figlio, insieme a Margerita Buy, che interpreta Dora, e che ci condurrà alla fine del film nei panni di una madre che impara ad essere nonna. Tante strade e tanti significati in un film poco riuscito formalmente (la messa in scena è scarna, gli attori sembrano tutti fuori parte), ma che trova il modo di disegnare caratteri umani affascinanti. Tanti i temi: dall’essere genitori (un po’ come ne “La stanza del figlio”) al senso di colpa che richiede l’intervento della coscienza. C’è tanto spirito, e poca ironia, un’anomalia nella sua filmografia. Due scene imperdibili, piene di verità e di senso: un tango clandestino nelle strade che sospende per un attimo i drammi dei personaggi, incantati in contemplazione. E un primo piano sul robotico Vittorio. Egli sorride riascoltando una vecchia registrazione sulla segreteria telefonica. Lo fa in maniera percettibile solo agli spettatori, e non a sua moglie lì accanto. Pochi secondi dopo compirà un gesto crudele che segnerà simbolicamente il resto della sua vita. Eppure in quell’istante si vede l’amore incrinare il suo rigido moralismo vendicativo. A ben vedere Tre Piani, il film più cupo di Moretti è forse anche quello più ricco di luce.