Nella rubrica Con altri occhi, spunti e riflessioni per animatori di sala, oggi parliamo di Green Book di Peter Farrelly
di Gabriele Lingiardi
Green Book è l’equivalente filmico del “ti piace vincere facile?”, una commedia brillante che punta a un pubblico vastissimo, riportando sul grande schermo quel sapore di cinema classico che da tempo mancava.
Nella rubrica Con altri occhi: visioni e provocazioni cinematografiche per animatori di sala, proviamo a delineare alcune linee guida per proporre il film stimolando il pubblico a riflessioni e dibattiti attorno a questo importante film che consigliamo di valorizzare il più possibile nelle sale di comunità.
A spasso con Daisy al contrario.
La trama di Green Book è tratta dalla storia vera (e da un’amicizia vera, come recitano i poster della pellicola) di Don Shirley, un celebre e talentuoso pianista afroamericano e del suo tour nel sud degli stati uniti nell’America degli anni ’60 con il suo autista Tony Lip, un bianco italo americano dal carattere scontroso e dal modo di fare rude. Un viaggio nell’America razzista (il Green Book è un libretto verde realmente esistito, una “guida di viaggio” per i luoghi che avrebbero accolto i neri senza discriminarli) che cambierà la vita di entrambi, trasformandosi piano piano in incontro tra differenze. La pietra di paragone, non che chiara ispirazione, è A spasso con Daisy di Bruce Beresford. Solo che in questo caso i ruoli sono invertiti: è Don, di colore, il più raffinato e altolocato dei due. Le dinamiche che si creavano nel film di Beresford dove un’ anziana e insofferente (Jessica Tandy) veniva accompagnata nelle faccende quotidiane da un gentile autista nero (Morgan Freeman), sono invertite e speculari in Green Book.
Il razzismo non è al centro.
È inevitabile, con queste premesse, aspettarsi un film incentrato sul rapporto conflittuale tra i due in un’ottica di denuncia degli atteggiamenti razzisti. Invece la regia di Peter Farrelly stupisce, facendo legare sin da subito i due personaggi e raccontando attraverso l’amicizia le difficoltà che il razzismo, presente e visibile nel mondo, crea ai rapporti umani. Farrelly nasce, assieme al fratello Bobby, come regista di commedie leggere e scanzonate. Questa è la sua prima incursione significativa nel cinema “d’autore” ma, fortunatamente, non perde la leggerezza e la piacevolezza della narrazione che l’ha sempre contraddistinto.
Manca qualcosa?
Green Book è un film attorno a cui discutere anche in negativo: la rappresentazione di gravi problemi sociali come l’intolleranza è spesso semplificata. Il film scorre piacevolmente, ma non problematizza eccessivamente i molti temi che mette sul piatto. Green Book è, di fatto, un film per un vastissimo pubblico e per questo motivo è costretto a non andare oltre la superficie. Resta però una perfetta introduzione a un cinema complesso e ambizioso, soprattutto per i più giovani.
Una nota sul cast.
Mahershala Ali e Viggo Mortensen sono fenomenali, soprattutto quest’ultimo. Nonostante la loro arte attoriale sfoci ogni tanto in momenti sopra le righe e troppo sentimentali, i personaggi sono aiutati da una sceneggiatura impeccabile e una caratterizzazione ottima dal punto di vista psicologico. Impossibile non immedesimarsi.
Green Book è quindi una proposta potente e interessante, per un pubblico esigente, che coniuga intrattenimento e riflessione con un sapore antico di grande film.