Ritorna il tema degli scacchi al cinema, e questa volta lo fa con una storia toccante dedicata ai piccoli che ogni giorno lottano per il loro diritto a una vita serena.
Di Gianluca Bernardini
«La Francia è il Paese dei diritti dell’uomo o è solo il Paese della dichiarazione dei diritti dell’uomo?».
Una bella domanda provocatoria presente nel film di Pierre-François Martin-Laval, tratto del libro autobiografico scritto da Fahim Mohammad pubblicato nel 2014.
Un racconto a lieto fine che porta però sullo schermo un dramma che molti rifugiati e profughi vivono in diverse parti del mondo. Persone costrette a fuggire come il piccolo Fahim (Ahmed Assad) che, insieme a suo padre, raggiunge Parigi dal Bangladesh con l’idea di incontrare «un grande maestro». A otto anni si può, infatti, far credere anche questo, pur sapendo che non è possibile nascondere a lungo l’amara realtà.
Senza lavoro e senza casa, mentre il padre farà richiesta di asilo politico, Fahim, abile con gli scacchi, incontra Sylvain (Gérard Depardieu), uno dei più bravi allenatori in Francia che prepara giovani campioni. Insieme al gruppo di nuovi amici e al suo maestro, mentre la minaccia di espulsione per il padre è alle porte, Fahim decide di partecipare al campionato nazionale.
«Qualcosa di meraviglioso» risulta così essere una sorta di parabola sportiva piuttosto prevedibile, ma che sa scaldare il cuore su temi sensibili che rimettono al centro, in fondo, la nostra umanità. Se tutti, infatti, hanno il diritto di sognare sembra che il fato, a volte, voglia togliere pure questo. Ma ciò che vince, in fondo, è sempre la speranza. Come diceva del resto Schopenhauer: «Nella vita accade come nel gioco degli scacchi: noi abbozziamo un piano, ma esso è condizionato da ciò che si compiacerà di fare nel gioco degli scacchi l’avversario, nella vita il destino». Sarà vero? Forse il film una risposta la può dare. Da vedere.
Temi: fuga, immigrazione, sogno, speranza, destino, talento, scacchi, gioco, infanzia