Rocketman sta arrivando nelle nostre sale, un film musicale trascinante e coloratissimo, tratto dalla storia vera (e autoprodotta) di Elton John. Come presentarlo al pubblico delle nostre sale? Come valorizzarlo al meglio? Proviamo a suggerire qualche provocazione da proporre al pubblico e qualche spunto di riflessione per apprezzare al meglio quest'opera molto valida.
di Gabriele Lingiardi
Un musical e un film sulla musica
Nonostante Rocketman condivida con Bohemian Rhapsody lo stesso nome di Dexter Fletcher alla regia e parta dall’idea di raccontare sotto forma filmica la storia di fenomeni musicali che hanno influenzato l’arte in maniera indelebile, è un film totalmente diverso. La storia di Elton John viene reinterpretata con uno stile surreale, tutt’altro che realistico, le canzoni non sono “appiccicate” alla colonna sonora nella loro versione originale, ma sono parte di essa. Taron Egerton assieme al cast ricanta e reinterpreta i brani aumentando la loro efficacia filmica. Come nei migliori musical infatti le canzoni sono un affondo nella psicologia dei personaggi. Rocketman abbraccia in pieno la sua vocazione da musical sul mondo della musica e vince. I testi che hanno fatto la storia del pop vengono agganciati alle immagini e acquisiscono nuovi strati di significato e di emozioni.
Un film furbo ma sincero
Premessa: Elton John figura tra i produttori del film. Sarebbe quindi scontato aspettarsi una pellicola autoindulgente e dedita all’esaltazione del mito. Non è così. Sorprendentemente Rocketman non fa sconti al suo protagonista, lo racconta in ogni sfaccettatura e in ogni crisi. Non sono lasciati all’immaginazione momenti di crisi che lo rendono poco adatto ai bambini ma apprezzabile dal pubblico adulto. Il finale, troppo consolatorio e semplice, così come un andamento tutto sommato ordinario e già visto, mitigano la potenza del film, ma non gli impediscono di raggiungere altezze notevoli.
Il coraggio di mettersi a nudo
Il film procede al contrario, dal successo alle origini. Elton entra in un salone vestito da diavolo, sta andando in un gruppo di aiuto per persone con forti dipendenze da alcol e droga. Da lì inizia il racconto della sua ascesa a partire dall’infanzia. A ogni tappa di questo flashback il diavolo “Reginald Dwight” toglie un pezzo della maschera e si rivela come uomo. Una metafora forse troppo esplicita, ma estremamente efficace.
Coreografia e colori.
Never Ordinary, fuori dal comune, è il motto del film. Elton John è stravagante, spettacolare, coloratissimo e così è anche il suo film. Una scarica di energia che può tramutarsi anche in voglia di vivere, di essere se stessi. “Bisogna uccidere la persona che volevano tu fossi per diventare quello che vuoi essere” dicono in una significativa battuta. È questo il tema che regge questa avventura umana e musicale.
La famiglia, nucleo d’amore ricercato
Non sono fatti sconti neanche al nucleo famigliare in cui Reginald, in arte Elton, muove i suoi primi passi. La ricerca di affetto e di amore viene spesso frustata dalle aspettative che il mondo degli adulti ha riposto sul ragazzo. Il talento sembra esplodere sull’esigenza di riconoscimento, ma da subito si capisce come non serva a completare la vita in pienezza. La fragilità di un uomo, un rocketman, che come un razzo parte dal nulla e raggiunge le stelle, si mostra al pubblico senza filtri e con coraggio. Forse non siamo di fronte a un film per tutti, ma sicuramente valido.