Come reagisce l'uomo davanti all'ignoto? Quali risposte si è dato per le domande più grandi di lui? Tra religione e scienza, Sigmund Freud e C. S. Lewis si scontrano sui grandi temi della nostra Storia nel momento più buio per l'Europa.
Di Giovanni Scalera
Dietro le porte di una casa londinese, in un’Europa all’ombra del Seconda guerra mondiale, si consuma un intenso confronto tra due uomini straordinari: Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, e C. S. Lewis, futuro autore de Le Cronache di Narnia. Entrambi discutono di Dio, morte e significato della vita, rivelando due visioni del mondo diametralmente opposte e, al contempo, la vulnerabilità e la complessità dell’animo umano.
Il dibattito, incentrato sulla dicotomia tra fede e ragione, insiste sulle grandi domande che hanno affascinato i filosofi per secoli. Freud, rappresentante del positivismo (corrente filosofica del XIX secolo) e dell’ateismo, cerca risposte nella scienza e nella psicoanalisi. Lewis, invece, incarna la figura del credente, trovando conforto nella religione e nella trascendenza.
Anthony Hopkins, con la sua consueta maestria, interpreta un Freud complesso e sfaccettato: un uomo segnato dal dolore, ma lucido e tenace nel difendere le proprie convinzioni. Quando afferma che si è maturi abbastanza per superare il terrore di essere al buio, rivela una profonda inquietudine esistenziale, alimentata dalla consapevolezza della fine imminente e dalla minaccia incombente della guerra. Di fronte a lui, Matthew Goode incarna un C.S. Lewis giovane e riflessivo, un intellettuale religioso che non teme il confronto con le sfide della ragione, pur essendo tormentato da dubbi e domande senza risposta.
Il film, con un tocco ironico, mostra come i due uomini, pur così diversi, si trovino a confrontarsi con le stesse domande fondamentali: esiste un Dio? Qual è il significato della vita? Cosa accade dopo la morte? Nonostante le loro posizioni contrastanti, entrambi cercano una qualche forma di conforto di fronte all’ignoto. Un aspetto interessante del film è la rappresentazione della fede come rifugio dalla paura. Freud, con il suo scetticismo radicato, vede nella religione una forma di illusione, un tentativo dell’uomo di proiettare i propri desideri inconsci in una figura paterna divina. Lewis, invece, trova nella fede una fonte di speranza e di significato.
Nonostante i continui flashback che distraggono dal dibattito centrale, disorientando a volte lo spettatore, il film invita a profonde riflessioni sulla natura umana e sul senso della vita, temi che restano sempre attuali.
Libro ispirato alle tematiche del film “Uno psicologo nei lager” di Viktor E. Frankl