Una polifonia di voci che compongono la sinfonia perfetta per vivere l'inizio di questo Avvento. Un film con la semplicità e la leggerezza delle commedie francesi per riflettere su quanto, oltre ogni diffidenza, la fiducia negli altri può creare l'inaspettato.
Di Gabriele Lingiardi
L’orchestra stonata è una commedia fatta da alcuni piccoli shock: culturali, sociali, affettivi, identitari. Tutto inizia con la diagnosi della leucemia a Thibaut, uno stimato direttore d’orchestra. La ricerca del midollo osseo compatibile lo lancia in una seconda scoperta sorprendente che gli ribalta la vita: è stato adottato e ha un fratello di sangue che si chiama Jimmy. Costui è un uomo all’opposto di Thibaut. È semplice, generoso, abbastanza al verde. Suona il trombone in una banda nel nord della Francia rivelando una sorprendente dote. Basta poco al direttore per scoprire che suo fratello ha l’orecchio assoluto e un amore per la musica sconfinato. Vedere quel talento non sfruttato, lasciato da parte per rispondere a ben più urgenti bisogni primari, lo porta a riconsiderare le certezze di una carriera. Quanto i suoi successi sono stati merito suo e quanto della sorte che l’ha portato in una famiglia che l’ha sostenuto, guidato e istruito grazie alle disponibilità economiche?
Così L’orchestra stonata sembra parlare di malattia e adozione, ma in realtà è più interessato alle sliding doors che segnano un’esistenza. L’ultimo fatto sconvolgente per i personaggi sarà una crisi che coinvolge tutta una comunità di lavoratori. Con le fabbriche che chiudono bisognerà trovare il modo di mandare un segnale alla nazione, farsi vedere e chiedere aiuto. La fratellanza ritrovata e la potenza della musica si metteranno in gioco alla ricerca di un possibile lieto fine.
Caratterizzato da una semplicità che a volte sembra propria solo dei registi francesi, L’orchestra stonata mette talvolta troppa carne al fuoco e procede nei binari più usuali della commedia di qualità. Eppure il suo sentimentalismo solare, la sua fiducia nelle persone, lo rendono una visione perfetta per l’Avvento. Dopo aver visto un film come questo ci si rende conto, da spettatori, di quanto sia difficile e raro arrivare a domande profonde senza appesantire mai la piacevolezza del racconto come in questo caso. Proprio come in un’orchestra, anche nella vita, ci dice il regista, bisogna lavorare insieme per costruire qualcosa di bello. Da solo non basta nessuno. Neanche il più talentuoso dei musicisti. Questo, per la nostra cultura egocentrica, è lo shock più gradito.
Temi: adozione, malattia, musica, solidarietà, condizioni sociali