In sala da qualche settimana, il nuovo film di Coralie Fargeat ci mette davanti a una grottesca rappresentazione della paura di invecchiare, di perdere la propria identità con lo sfiorire della giovinezza. Ma, più in profondità, l'ossessione per la peferzione, l'incapacità di accettarci, tutto in salsa body horror. Il film non è adatto a un pubblico sensibile.

Di Giovanni Scalera

the sub 3

Coralie Fargeat con The Substance trascina lo spettatore in un mondo sconvolgente, dove l’ossessione per l’eterna giovinezza si rivela un’illusione pericolosa. Demi Moore, nel ruolo dell’icona fitness in declino, Elisabeth Sparkle, ci conduce in un viaggio oscuro e inquietante, dove la scienza si mescola all’horror per creare un cocktail esplosivo. La regista, con la sua maestria visiva, è abile nel riprodurre un universo moralmente corrotto, dove la bellezza è un’arma a doppio taglio e l’identità si frammenta poco alla volta.

La storia di Elisabeth e della sua controparte più giovane, Sue, interpretata da una seducente Margaret Qualley, è un duello interiore per l’affermazione di sé e per il controllo del proprio destino. Sono due facce della stessa medaglia, dove l’una si nutre dell’altra in una costante lotta per determinare quale sia la parte autentica in un gioco perverso di potere e dipendenza.

La Fergeat non ha paura di mostrare la violenza in tutta la sua crudezza, ma lo fa con uno scopo preciso: denunciare quanto l’impatto devastante che per la perfezione ossessiva possa avere sull’individuo e sulla collettività. Le immagini sono forti, talvolta disturbanti, ma utili a sottolineare l’orrore nascosto dietro la facciata patinata del mondo dello spettacolo.

The Substance è molto più di un semplice body horror. È un’incisiva critica sociale che invita a riflettere sulla natura dell’identità, sulla costruzione sociale della bellezza e sul ruolo dei media nella nostra vita. La dualità tra Elisabeth e Sue, il loro costante confronto con l’immagine riflessa nello specchio, ci immerge in un labirinto psicologico dove i confini tra individuo e “alter ego” si sfumano, sollevando interrogativi sulla ricerca di un sé autentico in un mondo dominato dalle apparenze. Il film, indirizzato certamente ad un pubblico più adulto, è un’esperienza cinematografica intensa che turba e provoca ma costringe a porsi domande scomode: fino a che punto siamo disposti a manipolare la nostra immagine per conformarci agli standard imposti dalla società? Qual è il prezzo della giovinezza eterna? E, soprattutto, chi siamo veramente al di là delle apparenze?

Libro di riferimento: Il ritratto di Dorian Gray – Oscar Wilde