Presentato al Festival di Cannes, dove ha ottenuto diversi premi, è ancora in sala il film francese che racconta le sfide quotidiane - e notturne - di un ragazzo che dalla Guinea cerca di costruirsi una vita in Europa. Ce ne parla Giovanni Scalera nella nuova puntata di Cinepensiero.
Di Giovanni Scalera
Il film di Boris Lojkine, “La storia di Souleymane”, ci immerge nel cuore dell’esperienza migratoria contemporanea attraverso il racconto di un giovane guineano in cerca di asilo a Parigi. Souleymane, abilmente interpretato da Abou Sangare è un rider che utilizza l’account di un conoscente per svolgere missioni di consegna di pasti e guadagna a malapena abbastanza per sopravvivere. Al tempo stesso, tra una consegna e l’altra, lotta per costruirsi un futuro
La camera da presa, dietro le sue corse tra le vie parigine in bici, trasporta lo spettatore nel rumore di quelle strade, portandolo a vivere, in prima persona, la sua frenetica quotidianità, fatta di corse contro il tempo, di una burocrazia assillante e un’infinita speranza. Ma è anche una corsa verso un futuro diverso. Il suo sguardo, intenso e pieno di determinazione, tocca nel profondo ed invita a riflettere sulla condizione dei migranti, spesso vittime di un sistema che li marginalizza e li sfrutta. Una denuncia di disumanizzazione sistematica dei migranti fornita attraverso il ritratto di un uomo e raccontando al tempo stesso una drammatica realtà sociale.
“La storia di Souleymane” è più di un semplice film: è un potente grido d’allarme che invita a non restare indifferenti di fronte alle ingiustizie. Un ritratto crudo e toccante di un uomo che, nonostante le difficoltà, non rinuncia a sognare un futuro migliore. Ma è anche un’analisi critica della società contemporanea, che pone di fronte alle nostre responsabilità e ci spinge a interrogarci sui nostri pregiudizi.
Al di là della storia individuale di Souleymane, questo film ci ricorda che, al di là delle differenze, siamo tutti alla ricerca di una vita dignitosa e di un futuro migliore. Un’opera ben riuscita che riesce a coniugare un rigore documentaristico ad una profonda riflessione sull’essere umano, lasciando una domanda: cosa siamo disposti a fare per difendere la nostra dignità e quella degli altri?
Brano musicale ispirato al film: “Maggies’ Farm” di Bob Dylan