Esce finalmente in sala l'attesissimo film d'animazione della Dreamworks che ci racconta la scelta, ma soprattutto la grande responsabilità dell'esperienza genitoriale. Un'avventura emozionante per i più piccoli e per noi un viaggio per riflettere sui nostri figli che crescono.

di Gabriele Lingiardi

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Se siete il tipo di genitore che non ha paura di emozionarsi di fronte ai figli, fate loro un favore e portateli a vedere Il robot selvaggio. Il film d’animazione di Chris Sanders non è solo un magnifico esempio di ciò che può fare questo linguaggio, ma è di gran lunga uno dei titoli più inventivi, puliti e travolgenti dell’anno. Così, quando sarete in sala, i piccoli potranno imparare una cosa importante: anche gli adulti possono commuoversi. Ma soprattutto: anche mamma e papà sanno piangere… di gioia.

Perché la storia di Roz, una robot del futuro finita su un’isola popolata da una società di animali scampati all’estinzione, genera scene di una potenza cinematografica straordinaria, mai strappalacrime, sempre sincere.
A partire dalla bellezza delle immagini, non la tipica animazione tridimensionale super dettagliata. Lo stile è un ibrido che conferisce alle inquadrature un aspetto pittorico, quasi da studio Ghibli, mantenendo la fluidità dei movimenti permessa dal computer.
La trama è semplice, ma non manca di niente. Le direttive di Roz sono quelle di aiutare. Si ritrova per caso a proteggere un piccolo d’oca. Il pulcino avrà l’imprinting con lei e si convincerà che quell’oggetto di ferro, senza cuore ma pacifico, è la sua mamma. Per permettergli di crescere il robot dovrà bypassare il proprio codice (che nella metafora indica la propria natura, la genitorialità pianificata in ogni singolo dettaglio) e seguire il proprio istinto d’amore. Fin qui nulla di particolarmente originale.

La potenza de Il robot selvaggio sta infatti nella messa in scena, nella sapienza cinematografica di un regista, Chris Sanders, che non spreca neanche un secondo. Il ritmo è forsennato, da vero film d’avventura, i dialoghi ridotti al minimo: è un racconto visivo (prerogativa del cinema) che emoziona attraverso i piccoli gesti. Quando il figlio dovrà imparare a volare con le sue ali, il compito della madre sarà di dargli la possibilità di allontanarsi e seguire i propri orizzonti. La crescita è una gioia complessa per un genitore. È un “ora non hai più bisogno di me” che significa un arrivederci, ma è anche un momento di sentimenti inespressi, come si dice in un dialogo, ma che però il cuore capisce. Piacerà molto ai bambini, parlerà molto agli adulti.

 

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