Il precario tuttofare che si barcamena nella Milano di oggi
di Gianluca BERNARDINI
Milano 2013: bastioni di Porta Nuova, quartiere Santa Giulia, Bosco Verticale all’Isola, via Padova, via San Marco, via Brera, via Palestro, il Leoncavallo, la Vecchia Fiera fino a giungere in periferia con il centro Sarca di Sesto San Giovanni e quello Culturale Pertini di Cinisello Balsamo. È questa la location scelta da Gianni Amelio per il suo ultimo lungometraggio «L’intrepido», presentato al Festival di Venezia. Costruito attorno alla figura del comico Antonio Albanese (vecchia conoscenza di Zelig) che nel film interpreta un precario del giorno d’oggi (nel lavoro e negli affetti), Antonio Pane (per l’appunto «buono come il…»), il quale per sopravvivere alla crisi fa «il sostituto»: il muratore, lo spazzino, il cuoco, il clown, il badante, l’autista, il venditore di rose, ecc. Separato, con un figlio musicista (Gabriele Rendina), vive in una casa di ringhiera a ridosso dei binari della stazione, in uno di quei palazzi dove gli unici vicini con cui puoi socializzare vengono dall’altra parte del mondo. Qui il nostro «tuttofare» si barcamena nella Milano di oggi, crocevia del mondo moderno che avanza e di una tradizione buona che è ancora visibile nell’humus di chi abita la grande metropoli. Queste le possibili «vie da percorrere incontro all’umano» (come suggerisce il cardinale Angelo Scola nella sua lettera pastorale «Il campo è il mondo»), che lo stesso Albanese non disdegna di affrontare con tutta la bonaria ingenuità che riveste il suo personaggio. Una fotografia eccellente (grazie alla maestria di Antonio Bigazzi) di una metropoli che appare a volte cupa e allo stesso tempo affascinante, rivolta verso un futuro che seppur incerto non disdegna la possibilità di sperare ancora che il bene (anche se forse «altrove», purtroppo) nonostante tutto è sempre possibile. I temi dei precedenti film di Amelio ci sono tutti, da «Lamerica» al memorabile «Le chiavi di casa». Forse con qualche pecca nella sceneggiatura, il film lascia qualche dubbio (volutamente?): favola o realtà? Illusoria utopia o speranza? La discussione è aperta.
Temi: lavoro, precarietà, affetti, relazione padre-figlio, speranza, città.