di Gianluca BERNARDINI
Fare un film su un soggetto come Giacomo Leopardi risulta assai difficile, anche perché restituire l’integrità di tale figura, compresa la sua letteratura e poetica, può risultare non solo azzardato ma piuttosto pretenzioso. Tuttavia ne «Il giovane favoloso» di Mario Martone (dopo «Noi credevamo») noi troviamo un ritratto del tutto plausibile, che ci fa cogliere nell’essenziale quei tratti di un grande poeta di inizio Ottocento che ancora oggi fa compagnia sui banchi di scuola. Suddiviso in due parti il film ci narra la vita di Leopardi prima negli anni della sua fanciullezza e giovinezza a Recanati e poi adulto, più tardi, a Firenze, Roma e Napoli dove morrà. Attraverso le sue «Operette morali», lo «Zibaldone», ma anche le «Lettere», viene portata in scena da Elio Germano (bravissimo) l’umanità «ferita» dello scrittore e poeta. Il pregio di Martone, seppur con qualche licenza (ma si sa che trascrivere è sempre un po’ tradire), è quello di restituire ai nostri occhi «l’uomo Leopardi»: quello cagionevole e ritirato negli studi dei primi anni a casa del padre, sotto la protezione amorevole dei fratelli, e quello forse un po’ piú maturo, immischiato nei salotti della società, sostenuto dal calore (più o meno) dell’amicizia di Ranieri. Un’opera, quella del regista partenopeo, che sa andare «oltre la siepe», soprattutto negli sguardi e nelle espressioni del protagonista, quando la camera si posa su di lui lasciandoci intravedere, forse, i sentimenti più intimi e quelli più sofferti. Più che un’opera antologica, «Il giovane favoloso» è un film che ci dona una visione «altra» su un personaggio che abbiamo conosciuto solo attraverso i suo i scritti (non sempre con grande interesse quando eravamo studenti…). Martone ha il pregio di farci riascoltare alcuni versi attraverso la stessa voce di Germano, inserendoli però in una cornice di immagini e suoni (bellissimo il gioco delle musiche tra antiche e moderne) che ce ne fanno gustare tutta l’intensità e la carica emotiva (una su tutte «La ginestra» che chiude il film). Certo resta una domanda: Leopardi è stato quel «genio» che è stato per la sua sofferta natura? É stato quello il prezzo da pagare? Forse sì, anche in una accettazione di sé (l’amore in fondo non corrisposto… non vissuto fino in fondo) mai del tutto avvenuta (così il racconto sullo schermo…). Tuttavia sta forse in tutto questo il pregio dei doni della «grazia», quella che passa attraverso la nostra umanità, qualunque essa sia, e non nonostante essa. Se un film aiuta a comprendere anche questo, ovvero che ogni vita ha in sé sempre una ragione d’essere (alcune eccellenti, appunto), allora vale la pena di essere visto. Questo, su Leopardi, soprattutto vale per i più giovani, alle prese con i grandi poeti che hanno fatto la nostra storia.
Temi: l’uomo Leopardi, letteratura, poesia, gioventù, amore, amicizia, sofferenza, vita.