Michele Placido presenta al festival di Roma un nuovo lungometraggio sulla vita di Caravaggio e la sua fama come "artista maledetto" . Il film è ambientato nell'Italia del XVII secolo, Il personaggio di Caravaggio noto sia per la sua artisticità geniale che per il suo carattere ribelle viene rappresentato perfettamente da Riccardo Scamarcio
Di Gianluca Bernardini
“La Chiesa non é pronta per questo”. Così Papa Paolo V (Maurizio Donandoni) si esprime davanti al dipinto “Morte della Vergine” di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Riccardo Scamarcio), nell’ultimo film di Michele Placido che ha portato sullo schermo, a mo’ di colossal, la storia del “maledetto” artista lombardo del seicento.
Una vita imbevuta di arte, vizi, piaceri quella del cosiddetto “pittore del vero”, macchiata di un delitto che, sulla scena del tempo, lo porterà ad essere inseguito e indagato da un giustiziere dello Stato Pontificio (personaggio inventato nei panni di Louis Garrel) per la sua controversa figura. Costruito con un cast di tutto rispetto (una speciale menzione per Isabelle Huppert che interpreta Costanza Colonna), con tanto di notevole budget investito, “L’ombra di Caravaggio” arriva sul grande schermo e lo fa con con tutti i crismi che si merita. Un’opera ardua, forse a tratti didascalica, ma di valore, grazie all’ottima fotografia che arriva a sottolineare il grande operato, nonché la bellezza delle opere caravaggesche, che si potrebbero definire veri e propri “tableau vivant”.
Una riflessione sul potere e la libertà dell’arte, ma anche sul “mistero” di un artista, oggi molto amato, che ha preso come modelli, da immortalare sulle sue tele, poveri, disgraziati, prostitute incontrati alla Vallicella, luogo caro e d’ispirazione nella Roma di allora, creando scandalo tra i benpensanti del suo tempo.
Un film capace di arrivare a toccare quel sacro “rapporto” tra spirito e carne, così ancora presente nella Chiesa, che spesso mette in discussione ed è presente in tanti dibattiti attuali. Un film, inoltre, che forse nasconde poco, ma che sa raggiungere tutti e lascia nello spettatore l’idea di una bellezza purtroppo incompresa, quella stessa che ci provoca e che ci invita sullo schermo a riflettere: “Beati gli occhi che chiusi alle cose esteriori, sanno comprendere quelle interiori”.
Un racconto quasi da contemplare o forse, pure, una lezione da imparare. Da vedere, col cuore.
Temi: Caravaggio, arte, ispirazione, carnalità, spiritualità, potere, chiesa